Domani parteciperò a Milano al Green Economy Day (qui il programma). A parte l’inglesismo ripetuto fino alla nausea, è un’iniziativa importante, per il Pd, da non sottovalutare per nessun motivo al mondo (o, almeno, in città e in provincia). Non ne posso più dell’atteggiamento, molto in voga, per cui l’ambiente (come già i diritti) sarebbe da considerare una cosa in più. C’è il caffè, ovvero la politica seria, quella importante, che parla di economia e di fisco, di occupazione e di lavoro, e poi c’è il latte a parte, rappresentato dall’ambiente, dai diritti e dall’innovazione. Credo sia una prospettiva sbagliata. Più che di altri EcoDem, il nome curioso che si sono dati quelli che come nel Pd hanno a cuore la causa ecologista, che si riuniscono in convegni e scrivono documenti tanto precisi quanto poco diffusi, ci vorrebbero più DemoEco, ovvero militanti di un partito che nel suo insieme miscela caffè e latte e lo propone agli elettori. L’opzione nucleare, ad esempio, prima ancora che riguardare le questioni ambientali, riguarda le scelte e le prospettive economiche del nostro Paese. E, ancor prima, il modo di concepire il sistema della politica e i luoghi della decisione (perché il nucleare di Scajola è ‘militare’, imposto agli enti e alle comunità locali a prescindere da qualsiasi ambito di discussione). Lo stesso vale per le rinnovabili o per il risparmio energetico, con la possibilità di diffondere dal punto di vista economico le possibilità di impresa e di ricchezza degli operatori, la necessità di creare una cultura condivisa intorno a questi temi e di promuovere la partecipazione dei cittadini (si fa per i rifiuti, con la ‘differenziata’, non si capisce perché non si possa e non si debba fare con l’energia). Lo stesso vale, come già ricordato, per il consumo di suolo e per un’edilizia diversa, che premi chi investe in innovazione e qualità e disincentivi cavatori ossessivi, movimentisti-di-terra (adotto volutamente il refuso), cementificatori e speculatori immobiliari. Lo stesso vale, infine ma forse prima di tutto il resto, per la mobilità pubblica e la possibilità di "lasciare giù la macchina", come si dice in Lombardia, senza farlo quasi mai. Ecco perché ci vuole un partito che si muova e che, al posto del suolo, si impegni a consumare le suole delle scarpe. E anche le tastiere dei computer. E i campanelli (il democratico suona sempre due volte, anche se non gli rispondono). Proviamoci. Così, forse, qualcosa cambierà.

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