Marco Travaglio per il secondo giorno provoca il dibattito all'interno del mondo grillino. Lo fa dalle colonne del Fatto, nel suo editoriale quotidiano. Non so perché, ma a me sembra che siamo sempre allo stesso punto: il M5s deve collaborare o no? Fare politica nel sistema o starne fuori? Prendere il 50% la prossima volta o usare al meglio il 25% questa volta?

Tutte domande che abbiamo posto inutilmente tra febbraio e aprile dello scorso anno, quando era il momento per porle, mentre tutti avevano da ridere e da ridire. Anche su questo. Invece è passato quasi un anno e la questione è ancora tutta lì. E i rapporti tra i soggetti politici non si sono che logorati, in questi mesi, passati inutilmente.

L'altra sera, fuori da un bar, un tizio si presenta, dice di essere di estrema destra, di avere votato Grillo e che però il M5s avrebbe dovuto partecipare al governo anche con il Pd e non sprecare altro tempo. Peccato che si sia fatto il contrario. E ancora si insista.

Ma se non vi fidate di me, cari elettori del M5s, leggete Travaglio. E a chi dal gruppo del M5s mi chiede affettuosamente perché «non tiro fuori le palle» (!), chiedo perché non tiri fuori un po' di politica.

Mi scrivono diversi elettori dei 5Stelle per contestare il mio articolo “I guardiani dello stagno”. In sintesi, ripetono ciò che dice Beppe Grillo. 1) Di Renzi non c’è da fidarsi, men che meno del Pd. 2) Noi non facciamo accordi con nessuno e il nuovo sistema elettorale lo discutiamo in Rete con la nostra base. 3) Questo Parlamento è delegittimato dalla sentenza della Consulta sul Porcellum e dunque non può riformarlo. 4) Napolitano deve sciogliere le Camere, mandarci a votare con il vecchio Mattarellum e lasciare che sia il nuovo Parlamento finalmente eletto e non più nominato a metterci mano.

In linea di principio, sono tutti argomenti, se non condivisibili, almeno rispettabili. Ma completamente fuori dalla realtà. 1) Per sapere se Renzi sia affidabile o meno, bisogna andare a vedere le sue carte. Se nasconde un bluff, peggio per lui. In caso contrario, peggio per i 5Stelle. Qui non si tratta di firmargli una cambiale in bianco, né – come chiedeva Bersani – di votare la fiducia al buio a un governo deciso da altri e altrove: si tratta di vedere se, nei mesi che mancano all’auspicata fine di questa ridicola legislatura, si possano approvare alcune riforme di rottura che rientrano nel programma dei 5Stelle, ma soprattutto negli auspici di tanti italiani, indipendente da come votano. Renzi propone un ventaglio di tre leggi elettorali, un taglio dei fondi pubblici ai consigli regionali, le unioni civili, e l’abolizione del Senato per farne un caravanserraglio di consiglieri regionali. Le prime tre proposte sono buone, la terza pessima. I 5Stelle possono pescare alcune delle proprie proposte più fattibili (embrione di reddito minimo, blocco del Tav Torino-Lione, legge draconiana anti-corruzione e anti-evasione), metterle sul tavolo e discutere con i delegati di Renzi (il Pd, in Parlamento e al governo, è tutt’altra cosa), condizionando il tutto alla rinuncia immediata e definitiva del Pd ai “rimborsi elettorali”. Cos’hanno da perdere? 2) Discutere la legge elettorale in Rete è un’ottima cosa, ma nel frattempo i partiti la discutono in Parlamento e poi l’approvano, pressati dall’imminente pubblicazione della sentenza della Consulta. Se i 5Stelle non partecipano alla discussione e non fanno pesare i propri voti, nascerà una maggioranza Pd-Forza Italia sul modello spagnolo, che favorirà solo quei due partiti (che, con gli alleati-satellite, hanno finora avuto più voti) a scapito di tutti gli altri, 5Stelle in primis. 3) Questo Parlamento è delegittimato, ma chi dice che non può riformare la legge elettorale senz’avere i numeri per impedire agli altri di farlo fa declamazioni oratorie fine a se stesse e – vedi punto 2 – suicide. 4) Lo stesso vale per l’appello a Napolitano perché sciolga le Camere e si dimetta: il presidente ha già detto che non lo farà e i 5Stelle non hanno i numeri per cacciarlo con l’impeachment. Anzi, con il loro immobilismo, fanno di tutto per lasciarlo lì fino al 2020. Solo facendo saltare l’asse Quirinale-Letta-Alfano si accelera lo sfarinamento del governo Letta e l’addio del suo Lord Protettore. E poi che senso ha dire che questo Parlamento non può cambiare la legge elettorale e che bisogna votare col Mattarellum? Se si sciolgono le Camere ora, il Mattarellum non c’è. C’è invece la legge elettorale ritagliata dalla Consulta con l’abrogazione del premio di maggioranza e delle liste bloccate, cioè il sistema del 1992: il proporzionale puro con sbarramento e preferenza unica con cui si votò per l’ultima volta nella Prima Repubblica. Un sistema che ci condannerebbe alle larghe intese in saecula saeculorum, salvo che un partito o una coalizione non superi il 50% dei voti (mission impossible).

P.S.: c'è un'unica obiezione al ragionamento di Travaglio, ed è la seguente: per fare tutte queste cose, il M5s dovrebbe collaborare non solo con il Pd, ma anche con la sua alleanza di governo. E torniamo al punto precedente e alla vera questione che dovremmo affrontare, rappresentata dalla legge elettorale. Per tutto il resto, ci vorrebbe un'altra maggioranza. E torniamo a febbraio e all'eterno ritorno dell'uguale.

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