Quei geni totali di Gazebo hanno lanciato un movimento a sinistra che si prende gioco (giustamente) delle nuove aggregazioni a sinistra, che si rincorrono. Ne nasce una alla settimana: e ogni settimana per unire, ci si scinde.
Le sigle e gli acronimi si rincorrono, si replicano, si elidono: però ovviamente tutti parlano di unità, solo che non si capisce bene con chi la farebbero, questa unità.
Il messaggio dei Gazebos è occamiano: al di là dello scherzo, contiene una verità non banale.
Per questa ragione, come ho avuto modo di dire al congresso costitutivo di Si, bisogna collaborare, cooperare, costruire insieme, a partire però da un progetto di governo fatto di proposte precise (testo di legge e numeri non approssimativi) e senza far riferimento esclusivo al ceto politico, come abbiamo proposto (e fatto) con la Costituente delle idee.
E bisogna farlo a partire da un messaggio che sia laico e plurale, ma che sappia essere autonomo, senza scadere nell’identitarismo e nella nostalgia.
Qualcosa di nuovo, a cui Possibile ha iniziato a lavorare da tempo. Non un leader solo, ma 100 (questi sono attualmente i collegi) leader, competenti, autorevoli, liberi, che portino in Parlamento una battaglia, una questione, la loro cultura politica e che sappiano collaborare tra loro.
Un’impostazione più femminile (femminista, anche), se si vuole, in cui il tasso di testosterone diminuisca, lasciando spazio alla relazione, alla cura per le parole e per le cose, alla voglia di cambiare partendo dalle cose concrete e dalla vita delle persone.
Tenetelo a mente: Arturo non è solo un nome. È un antidoto. Per fare le cose serie senza prendersi troppo sul serio. Per dare voce a chi non ne può più di ghirigori e tatticismi. Ed è anche apotropaico, perché allontana quella sensazione di sfiga atomica che accompagna di solito queste discussioni.
Aderite anche voi, insomma.
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