Quando si parla di Pacs e di diritti civili, viene facile prendersela con gli strani nomi dei neoconservatori. Fallaci e Pera (il frutto del peccato?) rimandano a Kagan, l’americano da cui copiano in abbondanza i neocon italiani. Ma il problema riguarda anche noi. A Como, in una bella serata organizzata da una Sinistra giovanile molto viva e impegnata, si è parlato di Pacs e del fatto che verranno presentati nel programma dell’Unione sotto altro nome perché nessuno si senta offeso. Non so bene cosa ci sia di offensivo nell’acronimo Pacs (dove Pa sta per patti, C per civili e S per solidarietà), ma pare che dovremo abbandonare l’espressione a favore della più rispettosa dicitura «unioni civili». La cosa fa un po’ sorridere, per due motivi: il primo è che «unione civile» è espressione adottata da tempo da chi si batte per l’estensione dei diritti alle coppie omosessuali e a chi sceglie una forma di vita e di convivenza diversa dal matrimonio. Il secondo motivo è ancora più curioso e interessante. Perché in fondo è proprio questo che si chiede a Prodi e alla coalizione: che l’Unione sia civile e approvi una legge per chi diritti non ne ha. Un nome, un destino e l’auspicio dei progressisti italiani.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti