Oggi visita all’Oltrepò. E non per ‘futili’ motivi. Per indagare su due cave che mi hanno particolarmente colpito (cave non è un francesismo: non si parla di cantine, ma proprio di cave). Cave che hanno più di quarant’anni e che vengono nuovamente proposte – e allargate – nel piano cave della provincia di Pavia, che stiamo discutendo nella commissione Ambiente della Regione Lombardia. Mi aveva colpito la protesta dei Comuni e dell’associazione Missione Ambiente, che avevano chiesto di evitare l’ennesima escavazione in un territorio famoso per il vino e non per il pietrisco. Il presidente Moscato (preoccupato, nomen omen, per l’ambiente e per i vitigni) ci ha accolti, descrivendoci la situazione della cava a cavallo tra Borgo Priolo e Torrazza Coste e quella di Rocca Susella, la volontà di proseguire con centinaia di migliaia di metri cubi all’anno, mangiandosi altro bosco e altri vigneti. E poi le stradine secondarie, su cui viaggiano i camion, strette come tutte le strade di collina, che ricordano proprio le sideways («per strade laterali» questo il significato dell’espressione) del famoso film, e su cui dovrebbero viaggiare ben altri mezzi. E attrarre turisti e curiosi di un mondo, quello del vino, che andrebbe ancora più tutelato e promosso. Moscato ce ne ha dato prova, con qualche fetta di salame di Varzi e un calice di Pinot grigio. E mi è venuto in mente, del film sopra richiamato, una celebre battuta: «Pinot Nero? E allora perché è bianco?». Sarà per via della polvere di cava, di cui si può fare a meno, procedendo a quei recuperi ambientali previsti da troppi anni e mai realizzati. Del resto, «il Pinot Nero ha la buccia sottile, è sensibile, matura presto e ha bisogno di molte attenzioni». Sopra Casteggio vale proprio il detto: «Pas des barriques, mais des barricades».
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