Mentre il mondo si interroga su che cosa diavolo avrà detto Materazzi a Zidane (cosa volete che gli abbia detto, accidenti!), una strana sensazione di disinteresse accompagna l’attacco di Israele al Libano e la grave crisi mediorientale. Vale la pena talvolta di fermarsi a pensare e di commentare cose ben più gravi, per la nostra vita, delle testate dei fuoriclasse ai Mondiali. Cose complesse e delicate, come il tema dell’immigrazione. Consiglio allora la lettura di Islam e violenza. Parlano i musulmani italiani di Francesca Paci (Laterza). Scrive nell’introduzione Gianni Riotta: «Il diario della Paci sull'”islam sotto casa” […] conferma che l’emigrazione non è il cavallo di Troia del terrorismo fondamentalista, come temono in tanti. Al contrario è la nostra Quinta colonna per sconfiggere il fondamentalismo. I nostri valori di convivenza e libertà contrastano, tra gli emigranti, il feticcio dell'”islam totale”, mai esistito nel passato, che Osama e i Fratelli Musulmani provano a erigere». Un libro che dovrebbero leggere in tanti, per uscire dalle banalità dei salotti televisivi di provincia in cui il musulmano in Italia è immediatamente da prendersi come terrorista. E mi viene in mente un altro bel libro, uscito l’anno scorso, in cui Luca Scarlini descrive l’islam come La paura preferita degli italiani, da sempre capace di suscitare un senso di fascino e, soprattutto, di minaccia. Letture per i prossimi anni, per distinguere anziché confondere, per maturare conoscenze più approfondite e poter esprimere giudizi non solo più equilibrati, ma – direi – più utili. Per la comprensione della realtà. Per vaccinarsi dal qualunquismo e da un razzismo strisciante (e spesso dichiarato), un po’ come Jenner – quello del viale – faceva con il vaiolo.
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