La religione dei consumi è il titolo di un bel saggio di George Ritzer dedicato alle trasformazioni introdotte nel panorama sociale del mondo occidentale dalla straordinaria proliferazione di centri commerciali, ipermercati, grandi agglomerati di vendita. L’unica vera novità del nuovo Programma del Commercio votato qualche ora fa in Consiglio regionale è che alla religione dei consumi mancava finora un sacerdote, e il sacerdote oggi è stato individuato. È il relatore del provvedimento, Carlo Saffioti (Forza Italia), noto alle cronache regionali per essersi distinto nella campagna della peppola e nel sostegno al prelievo incondizionato dei richiami vivi. Saffioti descrive con entusiasmo la valenza sociale del centro commerciale, che – motiva il consigliere dell’ala teo-commerciale di Forza Italia – sopperisce alla mancanza di spazi di aggregazione e risponde agli errori dell’urbanistica. Un simbolo concorrenziale utile, sostiene, per alcuni negozi che vivono di rendite di posizione. Ammette in ultimo, molto brevemente per la verità, le storture e le cose che non sono andate per il verso giusto (desertificazione commerciale e sociale, impatto ambientale, disequilibri di ogni genere e tipo), per poi concludere che si tratta di una scelta obbligata e che la programmazione la fanno i consumatori, non la pianificazione dall’alto del legislatore. Quando viaggiate in viale Zara e dal Parco Nord vi dirigete verso Lecco (ma lo stesso vale su quasi tutte le nostre statali), vi rendete conto di quello che Saffioti intende dire: l’Iper-Lombardia è già saturo, ogni cento metri sorge un punto vendita della grande distribuzione, a intervalli sempre più frequenti appaiono meganegozi che in barba al made in Italy e al leghismo di facciata sono quasi tutti gruppi stranieri. E il paesaggio è ormai irrimediabilmente compromesso. La Valassina è una vera via commerciale, consacrata al liberismo e alla totale mancanza di regole e di programmazione. E lungo la via sacra, lo stesso vale per la questione occupazionale: i centri commerciali sono il tempio, oltre che dei consumi, ovviamente, anche della forte flessibilità del lavoro e della sua precarizzazione. Ovviamente non è un problema per la maggioranza, che non perde troppo tempo ad occuparsi delle reti di vicinato e della piccola distribuzione, da una parte, e del ruolo delle Province dall’altra: sacrificate sull’altare, nel nome del credo teo-com.
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