Formigoni risponde oggi seccato (come quasi sempre gli capita) alle notizie riportate dal Corriere della Sera sullo scandalo Oil for food. Dice che c’è un accanimento del giornale nei suoi confronti, perché nulla è emerso a suo carico. E’ vero. Infatti, quello che è emerso è che Mr Formigoni avrebbe semplicemente segnalato direttamente a Tareq Aziz, braccio destro di Saddam, due società, la Cogep e la Nrg, che poi avrebbero "pagato le tangenti richieste su conti alla Fransabank di Beirut e alla Jordan National Bank di Amman di cui sono titolari funzionari iracheni". Grande mediatore dell’affare sarebbe stato Marco Mazarino De Petro, collaboratore e amico di Formigoni fin da quando erano giovani (anche l’amicizia di allora deve far parte del complotto del Corriere…). Il programma Oil for food, vale la pena ricordarlo, prevedeva che in cambio di cibo e medicine, l’Iraq sotto embargo potesse barattarli con il petrolio, senza alcun coinvolgimento del regime. Così non fu, e il regime ebbe un ruolo determinante nella vicenda. Formigoni, che si ribella all’idea di essere preso in considerazione, era uno dei politici definiti "prescelti", come il ministro francese Pasqua, e gli furono "assegnati" 24 milioni di barili di petrolio, che poi fece gestire a due srl, grazie alla consulenza dell’amico De Petro. Formigoni non è tra gli indagati. Però forse dovrebbe preoccuparsi di condannare simili operazioni, mettendosi a disposizione dei magistrati per chiarire cosa è successo (ad esempio: come sono state scelte due srl per gestire 24 milioni di barili, accidenti!) e preparandosi a deliberare in Giunta che la Regione si costituisca parte civile nell’eventuale processo ai danni degli indagati. Altrimenti, il nostro giudizio politico non cambia: ed è di gravissima condanna.

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