Due libri per concludere l’anno, lasciando campo libero ai sogni. Il primo è Il piccolo trattato sull’immensità del mondo di Sylvain Tesson (in Italia pubblicato da Guanda). Tesson ha poco più di trent’anni, passati a scalare cattedrali e a inalberarsi e a viaggiare per il mondo, senza una meta precisa. In copertina la scritta «Voi siete qui» si perde tra le stelle: tanto per chiarire immediatamente che non sapere dove andare è un fatto piacevole, soprattutto se è raccontato, come in questo caso, da uno scrittore sapiente. La citazione: «I miei viaggi preferiti sono quelli durante i quali affronto la natura ad armi pari, senza motore, senza poter andare più in fretta di quanto la mia energia mi permetta di fare. Rivendico l’espressione by fair means. Gli inglesi l’hanno coniata per indicare la maniera naturale di scalare pareti senza ricorrere ai chiodi da roccia, usando solo mezzi leali: i piedi e le mani. Viaggiare by fair means significa andare a cavallo, a piedi, in canotto e persino in bicicletta (macchina meccanica, ma riscattata dallo sforzo). Spesso, quando avevo i piedi coperti di sanguisughe o mentre ero impantanato in un acquitrino, mi sono detto che si trattava di una questione di eleganza». Chapeau, monsieur Tesson. E una «questione di eleganza» ci introduce anche a Cloudspotting, la straordinaria Guida per i contemplatori di nuvole di Gavin Pretor-Pinney che sempre Guanda ci propone. Le nuvole sono pericolose: provocano dipendenza. Forse perché sono mutevoli per definizione, ispirate come sono dal vento (e dal caso). E inseguirle non si può, per la loro durata, per la loro impalpabilità e forse anche per la loro bellezza. Però si può provare a ritrarle, sorprendendoci come fece il Mantegna inserendo un cavaliere e un cavallo in una nuvola del San Sebastiano. Oppure ci si può ingegnare per definirle, come Amleto che, parlando con Polonio (e Scaramella, per una volta, non c’entra), si domandava se si trattasse di cammello, donnola o balena. Ma è una pretesa inconcepibile fermare le nuvole: conviene fermarsi, piuttosto, alla loro contemplazione. A volte, può bastare.

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