E’ il caso di dire subito che Bobby non è un film indimenticabile. Ma ci sono molti ‘ma’ che mi fanno dire che ne vale, comunque, la pena. Non solo dal punto di vista strettamente cinematografico: il cast ricchissimo e appassionato e, soprattutto, lo schema che fa segno ad Altman, ovvero le storie di tanti protagonisti alla pari le cui vicende finiscono con l’intrecciarsi e scambiarsi di posto. E’ poi straordinaria l’intuizione di scegliere l’Hotel Ambassador – il luogo dell’omicidio di Bob Kennedy – quale spaccato e crogiolo della società americana dell’epoca, quale rappresentazione – per sineddoche, potremmo dire – del melting pot e delle tensioni sociali e però anche della vita quotidiana: un hotel microcosmico che è attraversato dalle discriminazioni, dal Vietnam, dalle grandi questioni politiche, ma anche dagli amori e dai dolori e dai tradimenti. Estevez costruisce un film sull’attesa e sulla speranza che è la parte decisiva della sceneggiatura: la presenza di Bob Kennedy e della sua politica è così assicurata, senza che i suoi ultimi giorni siano descritti esplicitamente, se non attraverso le sue parole e le immagini forti e belle della sua ultima campagna elettorale. Quando arriva all’Ambassador ed entra, per così dire, nel film, il tempo è breve, come lo è stata la sua vita e soprattutto la sua sfida per governare gli Stati Uniti. In pochi secondi, anzi proprio in un istante, il sogno si spezza e la tensione esplode: si rimane così tutti vittime di una delusione senza appello e con il sapore amaro di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Non è un film nostalgico, è un film che consente di ricordare, di farsi un’idea di una sfida di un grande uomo politico e delle persone che hanno creduto in lui (e che, pensando agli attori che vi prendono parte, ancora ci credono) e di cogliere, in particolare, un aspetto molto attuale: Bobby ci riporta a una politica che aveva una stretta corrispondenza con il mondo (e con la vita), che si basava su parole d’ordine impegnative e dirette, che si confrontava con i temi più dolorosi – la guerra e la discriminazione su tutti – senza le arcane e sovente incomprensibili formule della politica attuale. Una politica che aveva senso e dignità. Un bel modo per ricordare Robert Kennedy.
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