Qualcuno penserà che sto parlando del vicepresidente del Consiglio regionale, il collega Marco. Niente di più sbagliato, anche perché la vicenda finisce con un martirio: mi riferisco alla Storia di San Cipriano, pubblicata da Adelphi. Cipriano è un vero Faust ante litteram: emerge da un lungo itinerario sapienziale, attraverso la cultura greca e i culti orientali. Tra i quindici e i trent’anni diviene "indovino di grande sapienza", che prevede il futuro attraverso le viscere, il volo degli uccelli, l’incedere irregolare degli animali (chissà cosa farebbe, alle prese con le peppole). Impara a riconoscere le voci che provengono dalle tombe, "i palpiti delle umane ansie", e gli "intrecci verbali" e i "numeri di parole". Nulla gli è ignoto, grazie all’esempio degli ierofanti, dei teurghi, dei maghi, incontrati in terra di Egitto e tra i Caldei. Il suo percorso lo conduce fino a conoscere il diavolo in persona, ad evocarlo per azioni scellerate e turpi, come il tentativo vano di consegnare Giusta ad Aglaide grazie all’ausilio del Maligno. "Avevo tutte le schiere al mio servizio", ricorda Cipriano ormai santo e martire, in un flashback tra il pulp e il noir: eppure la fede di Giusta – che resisterà ad Aglaide – lo convince a convertirsi al cristianesimo e ad abbandonare la magia, diventando vescovo e andando incontro al martirio. L’autrice è Eudocia Augusta, imperatrice d’Oriente parecchio anticonformista. La lettura consigliata.

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