Ci sono tanti libri scritti da politici (in pochi casi, vale la pena di leggerli). E poi ci sono i tanti libri che i politici dovrebbero leggere, per migliorare il proprio lavoro, anzi, come voleva Aristotele, per aristéuein, per migliorare se stessi (per la precisione: agire per diventare migliori, ma anche leggere può essere d’aiuto). Parlo, in questo caso, di Imparare democrazia di Gustavo Zagrebelsky (lo ha appena ripubblicato Einaudi). Al centro di questo breve saggio – a cui si aggiunge un’antologia molto curata – c’è la necessità della promozione di uno spirito pubblico come sostegno e linfa della vita democratica di un paese; la concezione della democrazia quale naturalmente relativistica («l’orgoglio dell’Occidente democratico») che si preoccupa soprattutto del «grado di originalità di ciascuno dei suoi membri»; l’idea che la democrazia sia essenzialmente «discussione, ragionare insieme»: filologica, nel senso socratico di amante del dialogo. Una democrazia che si può imparare, appunto, perché è per sua natura sperimentale e aperta al riconoscimento dell’errore. Una democrazia, ancora, che è nemica del privilegio e del favoritismo. Una democrazia – ed è il punto che mi piace di più – che ha diligente «cura delle parole», gli strumenti attraverso i quali il dialogo (che è la democrazia stessa), si sviluppa e si articola. Un libro piccolo e grande, consigliato a tutti ma, con particolare riguardo, ai politici che vogliono imparare e che sanno di non dover smettere mai di farlo.
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