La mitica Sippor mi segnala un episodio inquietante del magico mondo della pubblicità regionale. Pubblicità ingannevole, come quasi sempre. Ecco il racconto: «Stazione Bovisa, martedì 17 aprile. Dieci minuti di attesa della coincidenza con il Passante che mi porterà a Repubblica. Lascio il binario 6 e mi incammino verso l’uscita della stazione per dare un’occhiata alla bella giornata di sole. Tra un avviso ai viaggiatori e l’altro scorgo uno, anzi due, no, forse sono tre poster firmati con la rosa camuna. “Una scuola che prepara al lavoro. O è solo uno slogan, o sei in Lombardia” [clicca qui per verificare]. La cosa mi stupisce un po’. So bene che il progetto di legge di riforma dell’istruzione in Lombardia è lungi dall’esser stato approvato. Mi avvicino per leggere meglio. “Stiamo costruendo il nuovo sistema di istruzione e formazione professionale”. Ah, ecco, mi sembrava. Si tratta di una pubblicità preventiva, penso avviandomi verso il piazzale assolato. Dove campeggia lo stesso cartellone, ma questa volta a carattei cubitali. “O è solo uno slogan, o sei in Lombardia”. Quasi quasi prendo un treno per Malpensa e un aereo per le vacanze in un posto esotico. Perché si da il caso che la commissione Scuola del Consiglio regionale si riunisca domani, mercoledì 18 aprile. E che all’ordine del giorno ci sia proprio quel progetto di legge già venduto in confenzione pasquale ai cittadini lombardi. Ma, dettaglio non trascurabile, nel corso della seduta sarà presentato un altro progetto di legge, depositato dai consiglieri dell’Ulivo sullo stesso tema, attraverso il quale l’opposizione cercherà di portare avanti la propria battaglia per emendare e migliorare il testo della Giunta. O è solo una formalità, o è una procedura democratica. E se lo è, come tutti ci auguriamo, la campagna promozionale della Regione è politicamente e istituzionalmente scorretta. Perché sponsorizza contenuti di una legge che è ferma ai blocchi di partenza dell’iter legislativo. Perché svilisce il lavoro degli organi rappresentativi e ignora poteri e istanze delle minoranze consiliari. Perché vende per finito un prodotto che non è ancora stato lavorato, trasformato, impacchettato ed etichettato. Mi chiedo quale può essere il ritorno per un’operazione di questo genere. La risposta non può essere che una e una soltanto: un ritorno di immagine. E’ davvero soltanto uno slogan, vanitoso e arrogante come la Giunta che ci governa».
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