Presentazione della lista dell’Ulivo. Per Faglia. Sala strapiena. La Maddalena è un luogo simbolico: da quella sala partì anche la corsa del 2002. E, come allora, si festeggiava (si fa per dire) anche lo scudetto dell’Inter, negato da Tottigol (cinque anni fa, ci fu un 5 maggio indimenticabile, con Piero Fassino, juventino, in piazza Roma). Coincidenze. Forse sì. Più probabilmente, si tratta di conferme: che il clima non è cambiato, che l’entusiasmo c’è ancora, che i protagonisti di allora sono più in forma che mai. Ho avuto l’onore di aprire la serata, con una citazione di Galeano cara a Veltroni: «Lei sta all’orizzonte. Mi avvicino due passi, lei si allontana due passi. Cammino dieci passi, e l’orizzonte si allontana dieci passi più in là. Per molto che io cammini, mai la raggiungerò. A che serve l’Utopia? A questo serve: a camminare». Il senso dell’Ulivo, costruito in questi anni sul campo e non attraverso le liturgie congressuali. La forza dell’unità, al proprio interno, e come forza di unità per tutta l’Unione. Una forza di governo, competente, e ricca di esperienze e di sensibilità. Un momento di equilibrio, centrale alla coalizione, capace di definirne il profilo riformista. Un fatto d’orgoglio. L’orgoglio di essere monzesi, da quando c’è Michele Faglia. Altro che «città tradita», come vogliono i signori della destra. Loro lo sanno, che la città è più bella. Loro lo sanno, che i soldi dei cittadini sono stati spesi meglio. Loro lo sanno, di essere divisi. Loro lo sanno, di avere pochi argomenti. E allora ci affidiamo a Roberto Scanagatti, dai bilanci impeccabili, a Montalbano, mai come ora commissario, al Sergio dal cognome autorevole, al Paolo dall’eloquio gentile, e al capitano (mio capitano), Michele Faglia. Alle tante persone, alle migliaia di volantini, ai banchetti e alle feste che ci accompagneranno nei prossimi mesi. Nell’Illinois di Obama Barack, un adagio dice: «I cartelloni non votano». Votano i cittadini. Anche a Monza. E la maggioranza, vedrete, lo farà ancora. Per Faglia.

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