C’è chi legge l’oroscopo e la posta del cuore. C’è chi gli oroscopi li fa, chi le poste del cuore le redige (strabiliante Miranda su Omb). Da sempre, ho un mio personale (e però anche universale) termine di paragone. Mitologico. Non è per snobismo: è che hanno già detto tutto. Sono i miti greci. Giuro. Prendete l’ultimo libro di Eva Cantarella, L’amore è un dio. Il sesso e la polis, pubblicato recentemente da Feltrinelli. Il libro muove dai testi elaborati per un programma radiofonico del 2005, intitolato, guarda un po’, Sex and the polis (geniale). E racconta di quando l’amore era un dio. E ci si dava da fare parecchio: altro che aperitivi e fiori e regali dorati e cenette illuminate da candele. Per conquistare una donna ci si mettevano gli eserciti. E navi. Ed eroi. Anche quelli non direttamente coinvolti. E le cose potevano durare anche anni, come nel caso di Ulisse (che, nei vent’anni lontano da casa, trovò il tempo, come si suol dire, per fermarsi con Calipso la bellezza di sette anni). E l’amore colpiva ovunque: poteva anche capitare che di una ninfa si innamorasse un fiume. Oppure che la Luna si facesse prendere dalla passione per un giovane eternamente addormentato. Eros è figlio della colpa, ci ricorda Cantarella, e allora «perché aspettarsi […] che Eros, frutto di questo amore, nel momento in cui scagliava le sue frecce si preoccupasse delle conseguenze?». L’unica regola di Eros, insomma, era di non averne. Proprio come oggi. Che di acqua sotto i ponti, di fiumi innamorati, ne è passata molta. E il mondo si è confuso più di quanto non lo fosse già. Colpa di Eros?
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