Spiderman 3 è un film al di sotto delle aspettative. Dopo lo straordinario secondo episodio – dedicato alla crisi dell’eroe e alla sua paradossale ricerca di normalità – ci si aspettava un altro colpo da maestro: il ‘colpo’ purtroppo non è arrivato. Il film contiene troppi elementi e la storia non segue le precise geometrie della ragnatela, avvicinandosi piuttosto al modello ‘gomitolo’. Il punto centrale della trama è però di grande significato, come sempre quando si tratta di Spiderman. Perché Spider – intrinsecamente doppio per natura, come tutti i supereroi che si rispettino – si sdoppia ulteriormente, così che, nel corso del film, emerge via via la sua anima nera, il suo lato oscuro, la sua inaspettata cattiveria. Una cattiveria che prende presto il nome di vendetta e, seguendo un preciso topos della tragedia greca ed elisabettiana, la vendetta è contagiosa e facilmente suscettibile di seguire la proprietà transitiva. La vendetta, insomma, passa di mano in mano, tanto che Spider ne sarà presto vittima. Sullo sfondo amore e amicizia, anch’essi vissuti nel conflitto tra bene e male (uno schema classico di tutti i film in cui si parla di eroi da fumetto), ma che per la prima volta diviene conflitto interiore. E nel terzo episodio Spiderman ci appare bivalente e irrisolto, finalmente umano (troppo umano): un supereroe in difficoltà come non mai. Perché a tutti – anche a Spiderman, e glielo dice la sua dolce girlfriend, e dobbiamo crederle – a volte capita di avere bisogno di aiuto. Non dimenticatelo.
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