Luciano De Crescenzo torna in libreria con Il pressappoco. Elogio del quasi, in cui riecheggiano atmosfere, Weltanschauungen e personaggi napoletani alla maniera di Così parlò Bellavista. De Crescenzo scherza sul concetto più controverso del dibattito politico-culturale, che nei saggi ampollosi si chiamerebbe relativismo. Del ‘quasi’, colpisce soprattutto quello dell’amore: ai giorni nostri assistiamo a una vera e propria epidemia di pressapochismo, in quel campo. A me, nella mia soffertissima educazione sentimentale, è capitato di sentirmi dire, prima della partenza di lei da un aeroporto: «Ti amo… un po’», in una curiosa associazione tra un sentimento assoluto e la sua mortificazione congiunturale. Oppure, più recentemente: «Il nostro non è amore. E’ tutt’al più un’amicizia, con un po’ d’amore». Analfabetismo affettivo? No, filosofia del quasi, del pressapoco e del “tout se tient” (corollario d’ogni quasi). Dedico perciò a me stesso, ironicamente, la fatica del quasi-filosofo napoletano, pensando anche ad una mia cara amica sempre più vittima del ‘quasi’ personificato: un soggetto colto, brillante e maturo che (da settimane, ormai) le promette cene, sorprese, viaggi e tutto quello che si può desiderare, senza mai mantenere la parola. Con una ammirevole e paradossale puntualità. Una quasi-storia, da cui uscire a gambe levate. O quasi…

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