Un gazebo. Una piazza. Una città. E’ successo a Trieste, in una bella discussione sul Partito democratico, finalmente libera e aperta. Che cosa è emerso nell’incontro convocato da Giovanni Damiani? Che vogliamo, nell’ordine, la riforma elettorale, che ridia dignità alla possibilità di scelta per gli elettori; che le modalità di voto del 14 ottobre non ricalchino il porcellum (niente liste bloccate, please, altrimenti che primarie sono?); che i territori siano meglio rappresentati (cfr. la mia polemica dello scorso anno per la rappresentanza in Parlamento); che la politica del centrosinistra riesca a dare messaggi chiari e, ove possibile, univoci, perché non ne possiamo più – per usare la precisa metafora di Marta Meo – di sembrare dei venditori di auto usate. I "pezzi di ricambio" convocati a Trieste – si replica a Venezia e in Lombardia prossimamente – non riguardano solo la questione generazionale e quella, molto di moda, del Nord. Riguardano l’essenza stessa della politica: come per gli antichi greci, una professione come le altre, da non svolgere forever, in cui il ricambio sia prezioso e ricercato costantemente. Un ricambio democratico, come il partito che si vuol costruire.

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