«”Storia della Lombardia a fumetti” è un volume divulgativo di ampio respiro e di facile lettura indirizzato al pubblico degli studenti delle Scuole dell’obbligo [la notizia che ci sia ancora l’obbligo scolastico è di per sé confortante]; un progetto sostenuto fattivamente dal Consiglio Regionale della Lombardia, su impulso del mio predecessore, l’avvocato e amico Attilio Fontana, come iniziativa didattica per avvicinarsi alla storia e scoprire, anche divertendosi, il fascino avvincente della Lombardia». Così Ettore Adalberto Albertoni presenta un volume prodotto dalla presidenza del Consiglio lombardo, per iniziativa dell’ex-presidente ora sindaco di Varese, Fontana (avvocato e amico, ma che formula è?). Un lavoro costato decine e decine di migliaia di euro, che riprende la famosa Storia d’Italia a fumetti e che consente di imparare divertendosi. Proprio così. L’autore, Roberto Fassi, ha già pubblicato un’altra storia a fumetti, quella del Varesotto. E il testo è avvincente, non c’è che dire. A pagina 12, un bel lapsus qualifica il riferimento ideologico del volume: «Verso il 3000 d.C., la civiltà camuna era piuttosto evoluta». Tra un millennio, anno più, anno meno, torneremo alle incisioni rupestri, a disegnar ‘pitoti’. A pagina 22, sono i Galli a primeggiare. I bardi cantano: «We are the padan cocks», che sarebbero i galli padani (attenzione però al doppio senso padano della parola cock: da Wikipedia, «a colloquial word for the penis»). Nel corso del testo sono rappresentati tutti i ‘tormentoni’ (luoghi camuni?) della cultura popolare lombarda, con qualche concessione di troppo all’ironia e qualche espressione maccheronica un po’ troppo cercata. Ma, tutto sommato, sono cose che capitano. Come può capitare che venga presentato un Napoleone «che lasciò molte opere d’arte in meno» e poco altro. Un po’ sorprendente, a dire il vero, l’assenza del più importante lombardo di tutti i tempi, Alessandro Manzoni e del suo romanzo: non poteva proprio non esserci, e infatti non c’è. Il meglio però arriva nelle pagine finali, quando si parla di argomenti di attualità. Sono soprattutto gli anni della contestazione ad essere rappresentati in modo inaccettabile: «Il vento del Sessantotto» portò ad una «tensione che si respirò anche nel decennio successivo, gli anni Settanta, in cui ai movimenti studenteschi e operai si sostituirono [sic] veri e propri atti di terrorismo che volevano ribaltare i modi di governare in Italia e che in Lombardia portarono alle ignobili stragi di gente innocente come negli attentati di Milano (piazza Fontana, all’interno di una banca) e di Brescia (piazza della Loggia, durante un comizio sindacale)…». La Regione non dovrebbe produrre un libro in cui sono contenute imprecisioni così gravi. Vale la pena di ricordare che le stragi iniziarono prima degli atti di terrorismo, e avevano una matrice ben precisa. E non “si sostituirono” ai movimenti studenteschi e operai, ma erano piuttosto indirizzate contro il movimento, per fermare la voglia di cambiamento. Perché la strategia della tensione non è cosa da fumetto. E maggiore serietà è richiesta a tutti coloro che si occupano di storia, anche quando provengono dal quartierino varesino dei presidenti padani. «We are the padan cocks». Sigh.
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