Luca mi scrive, sempre puntuale, partendo da Babel di Alejandro González Iñárritu (se non l’avete ancora visto, noleggiatelo, accidenti) per arrivare alla Monza delle retate anti-venditori abusivi (una vera minaccia per il mondo occidentale, sigh). Sono i ragazzi delle lenzuola, che il nuovo assessore alla viabilità di Monza vuole allontanare dalle vie del centro, a qualsiasi costo. Ora, credo anch’io che i ragazzi delle lenzuola possano dare fastidio al passeggio. Ma, come ho già scritto, anche loro sono un prodotto della globalizzazione e fanno parte a pieno titolo di Babel, per riprendere la citazione di Luca e l’immagine di Iñárritu. Un mondo interconnesso, legato da relazioni e sottili legami, da dinamiche inaspettate. Il ragazzo con il lenzuolo vende copie di prodotti griffati (il ‘logo’ della Klein), realizzati chissà dove, nelle vie di città che non conosce, in un mondo controllato proprio da chi il logo lo possiede e che costringe i ragazzi a scappare dal loro Paese, dalla fame e dalla mancanza di prospettive. Soltanto comprendendo la complessità del fenomeno, si è autorizzati a chiamare i vigili. Altrimenti, diventa una battaglia del primo mondo e delle sue vie commerciali contro gli ultimi della terra, che proprio in terra stanno: con le loro lenzuola e le borse di Gucci. False, come la dialettica che li ha portati là. Stasera rincasavo e ne ho visti due, che rientravano verso chissà quale casa con le loro lenzuola. Ero incuriosito e sono giunto ad una conclusione: mi dispiace, ma non riesco ad odiarli.

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