Mi dicono: che si fa per le primarie del Partito democratico in Lombardia? Ti candidi? Ovvero, non dichiari il tuo appoggio a questo o a quel candidato come hanno fatto tutti ma proprio tutti? Per ora mi schermisco. Mi interessano soltanto due cose, per uscire da un personalismo che ha molto di stucchevole e poco di razionale (e di politico). La prima è che ci siano più candidati, a rappresentare le diverse sensibilità del Pd lombardo (che sono tante e spesso litigiose) e le sue diverse realtà. Apprendo dai giornali che esponenti da tempo lontani tra loro al punto da apparire incommensurabili convergerebbero sulla candidatura di uno solo e non posso fare altro che insospettirmi. Perché almeno si dovrebbero salvare le apparenze e se la si pensa diversamente cogliere l’occasione di un dibattito franco e aperto (e soprattutto comprensibile). La seconda è che si parli di programmi, cose da fare, linea politica. Da tempo mi lamento di un certo complesso di inferiorità, di una certa stanchezza, della timidezza nel proporre una diversa Weltanschauung, una diversa visione del nostro ‘mondo’ che porti anche a una sua nuova concettualizzazione. Ho trovato pessima la gestione politica delle elezioni del 2006, la scarsità della nostra rappresentanza al governo, un non so che di sudditanza verso Formigoni che si respira ad ogni presa di posizione. Credo che le primarie di ottobre debbano porre il problema della leadership, non nel senso banale che ci sia qualcuno che fa il leader, ma che ci sia una proposta politica di governo, che parli alla società, che sappia interagire con il destino (e anche con la ‘pancia’) della popolazione lombarda. E che ci sia una rappresentazione di un modo di essere cittadini che è puntualmente calpestato in una regione ipocrita e cinica. Chi saprà e vorrà proporre uno scenario e un ‘racconto’ della nostra regione, avrà il mio sostegno incondizionato. Nel caso, invece, si trattasse di un mero posizionamento di questo o di quello e un cambiar corrente lasciando il tempo che si trova, beh, allora, è affare che non mi interessa. E che lascio di buon grado alle interviste di un’estate che non cambierà il corso delle cose.

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