Storie di ordinaria Lombardia. 132 Comuni lombardi, quasi il 10% del totale, chiedono di celebrare un referendum per contestare la legge regionale sull’acqua. La richiesta arriva in ufficio di presidenza del Consiglio regionale, l’ufficio di presidenza non è unanime e la parola passa all’aula, dove il provvedimento arriva il 21 dicembre. La mattina il numero legale c’è e si arriva alla fase delle votazioni, poi, nel pomeriggio, alla ripresa dei lavori il numero legale non c’è più. Il Consiglio viene riconvocato la mattina del 22, e il numero legale – guarda un po’ – non si riesce a raggiungere. Ciò comporta che il referendum slitti dal 2008 al 2009. Il Consiglio viene convocato il 22 e i 132 sindaci per la terza volta si organizzano per seguirlo, ma il Consiglio non si tiene. E’ rinviato al 29, i sindaci si organizzano, ma ieri pomeriggio, a meno di 24 ore dalla seduta, il Consiglio è nuovamente rinviato al 5. I sindaci si precipitano a protestare, e il centrodestra – non soddisfatto di avere già umiliato abbastanza i rappresentanti dei cittadini – prova addirittura a togliere l’oggetto dall’ordine del giorno del prossimo Consiglio, quello del 5 (la Lega, pasdaràn delle comunità locali, non ha ovviamente niente da obiettare). Il centrosinistra protesta, come avevo fatto con altri colleghi già a dicembre, e si appresta a chiedere un Consiglio straordinario sull’argomento. Ricapitolando: la Regione Lombardia riceve una proposta di referendum, non solo fa perdere un anno ai proponenti, ma piuttosto che discutere in aula l’ammissibilità (ed eventualmente votare contro) rinvia, si sottrae al confronto, cerca di cancellare l’oggetto dai lavori dell’aula. Tutto questo sarebbe già scandaloso, ma lo è ancora di più se si pensa che stiamo scrivendo insieme (si fa per dire) il nuovo Statuto della Regione. Proprio così: in una sala si scrivono i principi e i fondamenti della democrazia regionale neanche fossimo Calamandrei e Terracini, nell’altra si tradiscono le regole, si fa strame dei consiglieri di opposizione e si prendono in giro sindaci e cittadini di 132 Comuni. Tutto all’insegna della sussidiarietà (sì, ciao) e dell’altissimo profilo amministrativo della Regione più brillante del Paese.
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