Me l’aspettavo, ma preciso lo stesso, perché non si sa mai. Autorevoli esponenti democratici sostengono che io avrei promosso le primarie perché vorrei andare a Roma. Argomento geniale: per andare a Roma, non bisogna proporre le primarie (anzi), bisogna premere sui dirigenti regionali e nazionali del partito, perché ti trovino “un posto” nelle liste. Questo succede ai tempi del porcellum. Mi è stato fatto gentilmente notare che avrei fatto molto meglio a starmene zitto («Civati, devi sempre rompere i beneamati»), perché insomma queste primarie non c’è tempo e poi abbiamo già i candidati dell’altra volta e un sacco di gente che vuole andare a Roma. Comunque, non preoccupatevi, non c’è pericolo, non mi candida nessuno. Ci sono personaggi ben più popolari e capaci e qualcuno sta anche pensando di non ricandidarmi in Regione (si vota anche qui, dopo la despedida del Formigoni). Con evidenza nel mio curriculum non ci sono gli elementi richiesti. Come già in passato, mi ispiro alla mia piccola morale provvisoria: voglio vivere così, col sole in fronte. E tutt’al più aerostatizzare, come il Socrate delle Nuvole. Il mio punto di riferimento politico, Alessandro Del Piero, mi ha insegnato che cos’è la panchina, cosa sono le sostituzioni (anche quelle ingiuste), e che cos’è la serie B. Continuerò a proporre le primarie o i caucus o le consultazioni o come accidenti le vorranno chiamare e a fare campagna elettorale come se fossi candidato non al Parlamento, “ma anche” a palazzo Chigi. Perché se ce la facciamo, sarà come esserci andati tutti, a Roma, a governare questo Paese. Se in lista ci mettono Iaquinta, insomma, va bene lo stesso: purché Iaquinta si danni l’anima per segnare quel gol che ancora ci manca. Spero sia chiaro a tutti. E a questo proposito rimango a disposizione del Mister e della società, con uno spirito di squadra che pretendo da parte di tutti. Fino alla finale del 13 aprile.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti