Che a me questa storia di Formigoni che non se ne va perché non lo vogliono e le posizioni dei nostri dirigenti regionali che se ne crucciano (oltre misura, mi pare di poter dire) mi ricorda Palombella rossa, quando Simone (il cattolico, forse ciellino) avvicina Nanni Moretti e lo incalza: "tu la pensi come noi, siamo molto simili!", ripete al protagonista, inseguito da due personaggi ossessivi che si presentano con le paste e gli chiedono di aprirsi, affermando la loro autorevolezza: "Lo sai che c’è gente che ci scrive, e noi non rispondiamo". L’intervista di oggi sulle pagine milanesi di Repubblica a Maurizio Martina (rivolto a Formigoni: "tradito dagli amici, si fidi di noi") ha un titolo morettiano. Ovviamente al rovescio. Va bene esprimere solidarietà, però c’è una misura da non superare. Con Martina discutemmo già di questa impostazione, una sera alla Festa dell’Unità di Monza (citata qui). Diceva Martina (parlando di egemonia culturale e politica): "[In Lombardia] rispetto al centrodestra abbiamo una cultura del tutto arretrata. Ieri sera a Monza discutevamo del Partito Democratico e il tema principale pareva essere che ‘noi ci dobbiamo distinguere da Formigoni’. Noi spesso costruiamo la nostra identità politica sull’anti-qualcosa. Ieri Berlusconi, oggi in Lombardia Formigoni. Siamo deboli dal punto di vista culturale". Come è noto, sarei per far risaltare qualche contraddizione del formigonismo, come quelle esplose con clamore nei giorni scorsi e soprattutto nelle ultime ore. E prima di sostituire B negli affetti di Formigoni, ci penserei. Absit iniuria verbis.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti