Intervista di Formigoni a Vanity Fair. Titolo: La voce del regno celeste. Formigoni sceglie Vanity per lanciare la sua quarta candidatura alla presidenza della Regione, per il mandato 2010-2015 («Vorrà dire che da qui al 2015 mi toccherà finire l’opera»). E, almeno fin qui, niente di nuovo: Formigoni ha provato due volte (nel 2006 e nel 2008) a fare il salto verso la politica romana, ma gli hanno cortesemente risposto – più o meno tutti – che faceva meglio a rimanere in Lombardia. Nel prosieguo dell’intervista, dopo aver lanciato un appello per salvare Tareq Aziz dalla pena di morte (siamo d’accordo, però, nel frattempo, se può, Formigoni ci dia qualche spiegazione su Oil for food…), l’esponente del Pdl ci spiega cosa pensa della schedatura e della raccolta delle impronte dei rom. Ed è qui che l’ipocrisia troneggia e lascia senza fiato. Dice Formigoni che la posizione di condanna nei confronti della raccolta ai bambini rom da parte di Famiglia Cristiana non rappresenta «l’ufficialità del mondo cattolico». Che «Avvenire ha sempre riportato giudizi equilibrati e niente affatto improntati alla condanna» e che, quindi, «nel caso dei bimbi le impronte sono l’extrema ratio, quando non c’è altro mezzo per tutelarli da chi li sfrutta o li indirizza al furto. Non si tratta in nessun modo di “schedarli” come etnia». Extrema ratio Formigoni, detto anche «la voce del regno celeste», è d’accordo con la raccolta delle impronte dei bambini (che lui chiama teneramente bimbi). E quelli di Famiglia Cristiana se ne facessero una ragione, per favore. Che tristezza.

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