Prosegue il reportage modello guida Michelin dalle Feste dell’Unità, o Democratiche, o «come diavolo si chiamano adesso» (espressione che usano tutti, a riprova che c’è qualcosa da registrare nelle nostre scelte di marketing). Siamo a Mezzago. E’ il primo fine settimana di agosto. Palazzo Archinti, sede monumentale della sagra dell’asparago, ospita fino a stasera la Festa dell’Unità per il Partito democratico, formula di mediazione con cui la sana tradizione riformista di Mezzago ha deciso di battezzare la prima festa del Pd. Si mangia decisamente bene, anche se arrivo tardi e lo stinco di maiale è finito. Del resto, la serata era a tema: cucina calabrese, mi dice il cameriere-volontario, quasi a dire che dovevo anche aspettarmi che ci si distraesse da stinchi e affini. Il liscio non guasta mai, anche se una controllatina all’impianto avrebbe reso più gradevole la serata. Il dato è tutto ‘atmosferico’: la corte è bellissima, d’altri tempi, con il porticato per il bar e la libreria ospitata negli spazi interni. Ci sono tanti ragazzi a lavorare, anche se i volti sono soprattutto quelli dei compagni storici (gli amici, come purtroppo capita in molte feste, latitano). A Mezzago il Pd è fortissimo, com’è noto. E la Festa non delude. Chi, questa sera, non avesse altro da fare, può fare una capatina. A cinquecento metri, poi, c’è il Bloom in versione estiva, per tirare tardi. Se fossi in voi, non mancherei.

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