I libri da mettere in valigia. Primo, un piccolo cult, Peter Cameron, Paura della matematica, Adelphi (le cinque righe finali di ogni racconto costringeranno poi il malcapitato lettore ad acquistare l’opera completa dell’autore). Secondo, con grandi apprezzamenti della critica, Olivier Adam, Peso leggero, Minimum fax. Terzo, entrato in classifica nelle scorse ore con piglio e classe, Jean-Marc Parisis, Prima, durante, dopo, Bompiani. Per la categoria «saggistica da leggere con piacere», vincitrice assoluta Irene Tinagli, Talento da svendere, Einaudi. Per chi intende sciacquare i panni in Arno (ma anche nell’Egeo, o nel Mar Rosso, o dove preferite), è imprescindibile Vittoria Foa e Federica Montevecchi, Le parole della politica, Einaudi. Dedicato a chi si ostina a voler cambiare Paese senza andare all’estero, Salvatore Giannella, Voglia di cambiare, Chiarelettere. Chi è ossessionato dalla questione settentrionale anche se va ai Caraibi, può portare con sè Aldo Bonomi, Il rancore, Feltrinelli. Chi ha scelto Londra, non può non farsi accompagnare da Alan Bennett (di cui consiglio tutto, ma proprio tutto) e dal suo Una visita guidata, Adelphi. Infine, mi chiedo, cosa mi porto io? Beh, Stefan Merrill Block, Io non ricordo, Neri Pozza, e Luis Leante, Guarda come ti amo, Feltrinelli. E poi, anche, l’ultimo di Giuliano da Empoli, che mi intriga, e Sette tipi di ambiguità, che è quello che i critici definirebbero una mattonata. Buona lettura.
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