We made… cantavano gli U2 in All I want is you. E la promessa democratica di un’America e di un mondo migliori, rappresentata dalla figura e dalla proposta politica di Barack Obama, e’ apparsa nitidamente ieri, in una cornice – come si suol dire – fantastica e carica di tensioni positive. "Erano anni" che questo mondo triste e decadente, violento e ingiusto, attendeva un leader intorno al quale raccogliersi. Sappiamo tutti che la provincia profonda, l’America-quella-vera, lontana da Manhattan e da Cisco, decidera’ per tutti. Ma sappiamo anche che la politica ha bisogno di tutto questo. Di una prospettiva nella quale riconoscersi, di una sfida che vada al di la’ del quotidiano, di una proposta politica che riguardi le persone e la loro vita, i loro sogni e le loro esigenze. La speranza audace di Obama si traduce cosi’ in un appello alle classi medie – pensiamoci anche noi, in Italia abbiamo lo stesso tema politico da affrontare, accidenti -, in un attacco durissimo al governo uscente, in una forte assunzione di responsabilita’ nei confronti del Partito e della sua unita’. Una promessa di vita, quella che Obama porta con se’. E noi con lui, nella speranza che sia mantenuta, in occasione del voto di novembre, e nei prossimi quattro anni di una presidenza che ci auguriamo molto migliore di quella che termina oggi (per riprendere le parole di Obama e la sua una curiosa e forse involontaria citazione ‘rovesciata’ del discorso di addio di Margaret Thatcher). Corri, ragazzo, corri. E vinci, perche’ ne abbiamo bisogno.
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