Mi riferisco ai dirigenti nazionali del Pd e alle cose che, dal palco di ieri (così simile a quello di vent’anni fa) e dalle cose lette sui giornali stamane, mi pare siano in larga misura sfuggite alla loro augusta comprensione.

1. Chi ha partecipato ha tutte le ragioni di festeggiare, ed è un po’ irritato (eufemismo) per i distinguo del giorno prima, del giorno dopo e, addirittura, del giorno stesso. Le persone che hanno preso parte ai due cortei vanno molto al di là dei tesserati del Pd, nonché degli stessi ‘fondatori’ e questo deve farci pensare (parecchio). Sono venuti in molti, moltissimi al di là dell’organizzazione del partito. E’ stata, come si suol dire, una festa di popolo, spontanea e, per molti, me compreso, liberatoria.
2. Non ne possiamo più del dualismo Veltroni-D’Alema, né dei dualismi, né di chi li interpreta (oltretutto, se proprio dobbiamo affezionarci alle contrapposizioni personalistiche, sarebbe il caso di cambiare dualismo, dal momento che è lo stesso dalla caduta del muro di Berlino e assomiglia ai dualismi tipici di alcune filosofie dei presocratici, per capirci).
3. Vorremmo che i dirigenti di oggi e soprattutto di ieri scendessero dal palco e stessero fino alla fine con i militanti e con gli elettori: visto che in tanti si chiedono che cosa succederà dopo il 25 ottobre, consiglierei un giro per le città italiane, da fare subito, per costruire il partito dal basso (lo si dice sempre, non lo si fa praticamente mai). Andata (verso il Circo Massimo) e ritorno (dal Circo Massimo). Accorciamo le distanze, non è impossibile: Maometto ieri è andato a far visita alla Montagna, ora la Montagna è gentilmente pregata di andare a trovare Maometto.
4. La contrapposizione tra manifestazione e contenuti se la sono sognata i giornali e qualche leader facile alle dichiarazioni. Tutti abbiamo (molto) chiaro che servono i contenuti e che il Pd deve essere meglio strutturato. Anzi, dirò di più: saremmo, tutti, felici di partecipare a questa lodevole iniziativa contenutistica, esattamente come siamo stati felici di partecipare, ieri, alla manifestazione. Segnalo a tutti che tutti avevamo chiare le ragioni della nostra partecipazione al corteo, ed erano proprio legate ai famosi contenuti.
5. Il messaggio del popolo democratico è – per tutti i motivi sopra richiamati – del tutto inequivocabile: diamoci una mossa, abbiamo lasciato in sospeso molte cose, a cominciare dalle modalità di partecipazione (e da quelle di adesione) al nuovo partito, abbiamo lavorato poco per includere chi non è rappresentato in Parlamento (non sto parlando dei dirigenti degli altri partiti, ma degli elettori) e che ieri in piazza era con noi, abbiamo discusso troppo poco di dove vogliamo andare, perché va bene il Circo Massimo, ma a noi piacerebbe tornare a Palazzo Chigi. Facciamolo: il 25 era un termine a quo, non un termine ad quem, un entusiasmante punto di partenza (anzi: una vera e propria botta di vita democratica dopo mesi di depressione acuta), non certo un definitivo punto d’arrivo, in cui esaurire tutta la nostra proposta politica.

Grazie per l’attenzione, uno dei tanti maometti, provenienti dalla provincia più profonda (e mi viene in mente l’ègira, con l’accento sulla ‘e’, un po’ come ègida).

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