L’alta capacità di Trenitalia (e dei suoi utenti soprattutto)
Roma-Milano, questa mattina. Uno dei primi viaggi dell’Alta velocità. Il prezzo del biglietto è alto, l’attesa della pianura-che-sfreccia, anche. Leggi i giornali, e trovi ingiustificati i toni trionfalistici dell’inaugurazione di un’opera che è costata un badalucco (32 milioni a chilometro, tre volte più di quanto sia costata a francesi e spagnoli, per capirci), sali sul treno e lo trovi occupato dai viaggiatori lasciati a terra dal treno precedente, soppresso da Trenitalia. Ti rivolgi ad un signore, facendogli notare che sta occupando il tuo posto, e lui ti risponde: «Abbiamo lo stesso posto, sulla prenotazione… ci hanno assegnato dei posti di fortuna». Fortuna, la loro, la tua un po’ meno. Difficile spiegargli che lui il posto lo aveva su un treno che non c’è più stato. Ti siedi al posto di un altro, e così fanno tutti. Tutti solidarizzano, ovviamente. Finché, prima di arrivare a Santa Maria Novella, una voce dall’altoparlante annuncia: «Si prega la gentile clientela di liberare il posto e lasciarlo a chi lo ha prenotato». Qualcuno protesta, giustamente, poi un altro signore precisa: «Intendeva dire: “solo se ce n’è bisogno”». E tutti rimangono al loro posto, e il viaggio riparte. Da Bologna sarà veloce, velocissimo. Ma l’alta capacità è un’altra cosa. E’ quella degli utenti Trenitalia.
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