Chi vuole, ovviamente, può sottoscriverla.
Caro Walter,
pubblico e critica, concordemente, ci dicono che per il Pd la ‘prima’ non sia stata ‘buona’. Ci vuole uno stop (sonoro) del regista, e un altro ciak. Una nuova sequenza, in cui si respiri quella volontà di cambiamento di noi stessi e della politica, soprattutto, che si era percepita nel progetto che avevamo coltivato fin dalle primarie e che si era manifestato in campagna elettorale. Ci vuole un salto della rana, uno strappo o, per rimanere in metafora, un flash forward, che ci parli del futuro. Il nostro e quello del nostro paese, all’insegna di una politica che guardi dritto negli occhi quello che abbiamo davanti. E’ così difficile pensare ad un partito che parta dalle proposte di Pietro Ichino e Tito Boeri e lanci una grande campagna per la riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali? E’ così difficile fare del Pd un luogo in cui figure come quella di Soru, con le sue battaglie per la difesa del territorio e della sua dignità, si sentano a proprio agio? E’ così difficile immaginare un partito che discuta e prenda in seria considerazione, così ci auguriamo in tantissimi, la proposta di Ignazio Marino per il testamento biologico? E’ così difficile pensare ad un partito che raccolga la sfida della qualità dell’ambiente e dell’innovazione, dando una scossa di energia pulita e rinnovabile al nostro paese? E’ così difficile credere in un partito che faccia propria una proposta politica che finalmente interpreti i cambiamenti a cui stiamo assistendo, dai nuovi poveri ai nuovi ‘italiani’, che hanno trasformato profondamente la nostra società? Credo che tu sia d’accordo con me, ma nel prossimo periodo queste cose devono accadere, e non soltanto essere rappresentate. E per farlo ci vuole un partito che lo sia davvero, una sede politica a tutti gli effetti, perché negli ultimi tempi dal partito liquido siamo passati al partito gassoso, volatile quando non esplosivo (sarebbe meglio dire, implosivo, per la verità). Ci vuole organizzazione – in senso democratico, e non partitocratico, ovviamente – ma ci vuole, a cominciare dalla semplificazione degli organismi nazionali. Ci vuole un governo ombra più illuminato e presente, perché, dispiace dirlo, lo è stato molto poco. E ci vuole anche un percorso trasparente e coraggioso, nella proposta politica e nelle figure che la rappresenteranno, perché le prossime europee siano l’occasione per il nostro secondo ciak. Perché il progetto del Partito Democratico rimane necessario, in un’Italia che era in crisi prima della crisi, in un paese che si è stancato anche di stancarsi di se stesso, e che sembra ormai una caricatura, di quelle che non fanno ridere. Ci crediamo ancora, e sono tanti i giovani pronti a dare un proprio contributo. Non per fare carriera, come dicono alcuni, ma per dare speranza. A tutti noi.
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