Oggi Repubblica si occupa di me, perché sarei protagonista di un caso che non esiste. Le cose sono andate così: la settimana scorsa il capogruppo del Pd in Regione, Carlo Porcari, mi chiede, a nome del gruppo, di entrare a far parte del costituendo gruppo di Un’altra Lombardia (area Vendola, per capirci), per consentire ad una forza politica nostra alleata di avere diritto di tribuna. D’accordo con l’Ufficio di Presidenza del Consiglio, si stabilisce che l’operazione sia vissuta come un fatto tecnico, senza alcuna rilevanza politica, proprio per evitare quello che, invece, è puntualmente successo. E cioè che il mio passaggio fosse interpretato come una scelta politica, che non intendevo certo fare. E da chi è stato interpretato così? Ovviamente da chi mi vuole male e da alcuni dirigenti nazionali (in particolare quelli di giovane età), letteralmente terrorizzati dal fatto che il vostro affezionatissimo corra per la leadership di questo (povero) partito. Da giorni si susseguono maldicenze, a tutti i livelli, e non sembrava vero a qualcuno di poter strumentalizzare un episodio del tutto trascurabile. Il fatto curioso è che pensavo di aver seguito le indicazioni del partito e, per una volta, di avere ‘obbedito’. E, per una volta che mi comporto da conformista, i conformisti-da-sempre si dicono scandalizzati e passano la notizia alla stampa nazionale per montare il caso. Poi dicono che mi arrabbio e che mi sento a disagio. Quasi quasi, dopo questo ennesimo episodio, mi candido sul serio alla segreteria nazionale. Perché è del tutto evidente che un partito così vada cambiato davvero. P.S.: mi chiedo: ma a Roma non hanno proprio altro da fare che occuparsi di casi come questo? Poi dicono che l’opposizione non si vede. Già.
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