In attesa di un’estate che per il Pd si annuncia molto calda, si fa un gran parlare di spiagge. Chi pensa, infatti, che il Lingotto di Torino, che torneremo a frequentare il 27 giugno, sia per noi l’ultima spiaggia, si sbaglia di grosso: sono per l’abolizione dell’espressione stessa di «ultima spiaggia», già adottata a febbraio, per altro, dopo le dimissioni di Veltroni. Lo dico perché, tutt’al più, sarà la prima, per noi, di spiaggia, da cui partire verso il mare aperto. Chi pensa che sia la sede in cui forgiare personalismi (trattandosi di Lingotto e di Piombini, tendo a proseguire con la metafora metallurgica), fa un errore anche più grave, perché il protagonista assoluto, l’ospite d’onore, quel giorno, sarà il Pd. La spiaggia, insomma, è libera, in ogni senso. Chi dice che vogliamo litigare e aprire l’ennesimo fronte interno, non ha capito che per noi, appunto, il noi è esteso, collettivo e, appunto, aperto, in ogni direzione. E inclusivo, se ne saremo capaci. Quanto ai contenuti, che tanti reclamano, stanno giungendo da ogni confine. E ci parlano di un partito diverso da quello che abbiamo frequentato finora. E indicano alcune priorità, politiche, di metodo e di senso, sulle quali lavorare. Continuate a inviarli a [email protected]. Per ora, dall’«ultima spiaggia», è tutto.
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