Perché Emmaus è un gran bel libro. Un Baricco maturo (insieme più Baricco e meno Baricco) e proprio per questo capace di raccontare l’adolescenza (non solo la sua). Perché di questi tempi tutti dicono che l’adolescenza non finisce più, che anche i trentenni sono adolescenti, ma non sanno quello che dicono. Perché allora, a quell’età – dei sedici, diciassette anni dei protagonisti del libro – c’è solo il presente e c’è tutto il mistero: ovvero, la scoperta e il suo rovescio, un attimo che è eterno e che però passa presto. E, di tutto questo, nessuno che se ne renda conto. Come a Emmaus, quella sera, a cena. Due mondi separati, un personaggio che li mette in collegamento, Andre, con la bellezza e il fascino di qualcosa di diverso, irraggiungibile, perduto. Un gruppo di amici, come ne esistono soltanto a quell’età. La cultura cattolica e la sua pratica, il cammino che si fa incerto, la vita che entra senza chiedere il permesso, la morte che incombe, assoluta e incomprensibile. E un protagonista fantastico, come forse eravamo tutti, quando avevamo sedici, diciassette anni e non sapevamo che cosa volesse dire.
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