Continuo a leggere, soprattutto sul Corriere, di una certa diffidenza del Pd nei confronti della manifestazione di ieri (anche a posteriori, per dir così). In perfetta linea con le dichiarazioni di Letta, il Pd era nel corteo e nello stesso tempo prendeva le distanze dal corteo, soprattutto attraverso le dichiarazioni dell’ineffabile Latorre e di altri esponenti della maggioranza. Ovviamente mi dispiace e, come temevo, quello che per tanti è stato un momento rivoluzionario e per quasi tutti un appuntamento importante nella storia democratica del nostro Paese, è vissuto dai nostri big con grande fastidio. Forse perché non capiscono, certamente perché non condividono. Un bel problema, per un partito nuovo, che guarda al futuro, che vuole dialogare con gli elettori, come scrive Curzio Maltese:
C’era una grande manifestazione di popolo, a costo zero rispetto alle onerose manifestazioni di partito. C’erano in piazza l’elettorato reale e quello potenziale dei democratici. Chiedono le dimissioni di un premier che ha sputtanato l’Italia nel mondo, con le veline candidate in Europa, le sua storie personali e le scelte pubbliche, l’elogio dei dittatori, il conflitto d’interessi, i trucchi per sfuggire alla giustizia, i media di sua proprietà usati come manganelli, le accuse dei pentiti di mafia. Elementi che, presi uno per uno, sarebbero già stati sufficienti in qualsiasi altra democrazia per chiedere le dimissioni di un governante. Perché allora Bersani non c’era? Perché il maggior partito d’opposizione ha addirittura paura a pronunciare la parola "dimissioni"? Perché invece di abbracciare gli organizzatori, a partire da Gianfranco Mascia, e precipitarsi di corsa, i dirigenti del Pd esalano sospetti, perfino disgusti nei confronti dell’onda viola? Sarebbe come se Barack Obama, invece di accettare con entusiasmo l’appoggio di MoveOn, che gli ha fatto vincere le elezioni, avesse detto: no grazie, preferisco fare da solo.
Per me, ieri, era naturale esserci, con gli amici di sempre e quelli che ho conosciuto negli ultimi tempi, sulla rete e nei circoli del Pd, nella lunga campagna congressuale. Naturalmente contro B (a meno che qualcuno non voglia essere addirittura pro), ben sapendo che le manifestazioni non bastano, certamente, e che non sono esclusive, ma che ‘aiutano’ un partito progressista, gli consentono di creare relazioni con i cittadini e di rappresentarli. Soprattutto se sono libere, moderne e fresche come quella di ieri. Per un partito che vuole essere ‘popolare’, sarebbe importante non sottovalutare certi fenomeni, che appartengono alla nostra lunga storia. Per un partito che vuole le ‘alleanze’, sarebbe importante allearsi prima di tutto con gli elettori, i propri, e quelli delle altre formazioni con le quali si vuole condividere la sfida (e ieri c’erano tutte o quasi). Per un partito che vuole «fare il bambino nuovo», come è stato detto, sarebbe necessario ascoltare i tanti ragazzini che ieri erano in piazza San Giovanni. Per un partito che si confronta con un magnate, sarebbe utile capire come si fa a organizzare cortei low cost come quello di ieri. Per un partito che non ha televisioni (a parte due-dico-due web tv!), sarebbe decisivo capire come funziona la comunicazione sul web e non continuare a demonizzarla, cercando di capirne anche il ‘metodo’ e la ‘logica’ che ne stanno alla base. Per un partito che vuole crescere, sarebbe doveroso "accettare lezioni" come questa. Proprio il contrario di quel luogocomunismo a cui siamo da troppo tempo abituati.
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