vevamo detto che avremmo dedicato ai giovani, ai precari e ai diritti l'ultimo giorno della campagna elettorale. Lo abbiamo proposto ad altri candidati e leader, qualcuno ha raccolto l'invito, altri mi hanno telefonato ieri per sapere che cosa dovevano fare: quando si dice l'organizzazione. E allora siamo andati, senza troppa propaganda (nessuna ‘festa’ di chiusura, perché c’è poco da festeggiare, nella Lombardia ai tempi della crisi), in un circolo Arci, dove Sergio ha creato occasioni di aggregazione per molti e di lavoro per tanti. Dove Boosta ha raccontato, con parole semplici, quello che succede ai ragazzi di questo Paese. E allora una ragazza ci ha confidato di fare la maestra d'asilo e la cassiera in pizzeria d'asporto in qualità di precaria. Forse in nero, addirittura. La pizza l'abbiamo mangiata lì, alla fine. Nella speranza che si vogliano regolarizzare i contratti di lavoro e che, a cominciare dagli stage e dai lavoretti in nero (in neretto?), ci si renda conto che un'intera generazione è senza rappresentanza, politica, sociale e sindacale. Il Pd era nato per loro, soprattutto, per questi giovani italiani, per consegnare un Paese in cui tutti possano essere più liberi (nel senso delle scelte) e più uguali (nel senso delle opportunità). E c'è ancora molta strada da fare, perché i giovani sono pochi (ma buoni) e poco ascoltati. Tutti parlano di ricambio generazionale senza frequentarlo davvero (anzi). Tutti blaterano di alleanza tra le generazioni, ma nessuno sembra avere il coraggio di dire quando, dove e come. In cabina, pensateci. Non abbiamo più molto tempo e abbiamo perso vent'anni, senza fare quasi nulla.

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