eri sono stato in una riserva indiana. Sì, proprio quella del manifesto della Lega. «Loro hanno subito l'immigrazione, ora vivono nelle riserve». Già. Peccato che nonostante il viaggio periglioso attraverso l'oceano, con le caravelle e con il Mayflower, gli europei non fossero venuti qui per servire nei fast food, pulire le camere d'albergo e accudire vecchi e piccini. Piccole differenze.
Le riserve, in ogni caso, sono tristissime. E ho pensato, però, che anche noi ci stiamo chiudendo sempre di più in una riserva, ricca e preoccupata soprattutto di difendersi da chi lo è di meno. L'altra sera, passeggiando per San Diego, ho notato come non ci fossero che sporadici latinos nei ristoranti e in coda per entrare nei locali. No, per vederli bisognava attendere la mattina successiva, molto presto. Perché a quell'ora erano pochissimi i bianchi, invece.
Viene in mente quella scena di Good Fellas, quando la moglie dice al marito che vorrebbe andare in un posto dove non è mai stata e il marito le risponde: «prova in cucina!». Anche i latinos, per ora, possono stare tranquillamente in cucina, salvo tornare utili quando si vota. Il punto, ci dicono gli esperti, anche negli States, è la regolarizzazione dei 'clandestini', che qui apostrofano con l'aggettivo 'illegal', per distinguerli da quelli legali (e costruirci un po' di sofisticate teorie sulla differenza tra immigrazione regolare e irregolare).
Il confine è a una manciata di miglia, ma nel centro di San Diego è come se non ci fosse. Da Tijuana, però, arrivano migliaia di persone al giorno. I 'clandestini', invece, sono stati trasferiti un po' più a est, lungo un confine di 2000 miglia presidiato dalla polizia e da qualche volontario molto armato (le ronde del deserto, devono essere). In compenso, arriva molta droga, perché pare che negli Usa se ne faccia largo consumo. Droga e lavoro nero: storie già sentite.
Gli Usa sono il paese che accoglie il maggior numero di immigrati, da sempre. E oggi l'immigrazione rappresenta uno dei principali temi di confronto tra i due maggiori partiti (per non parlare del Tea Party, che incontreremo lunedì, e ne vedremo delle belle): al centro del dibattito, la riforma federale finora mancata e la legge dell'Arizona, ma anche il fatto che nonostante tutte le barriere che sono state elevate negli ultimi anni si faccia fatica a fermare il flujo, di persone e di stupefacenti. Due giornalisti che 'coprono' la frontiera ci dicono che tre operazioni sono soprattutto necessarie: tenere il conto economico dell'immigrazione (in termini soprattutto di tasse pagate e di contributo fornito dagli immigrati all'economia americana), procedere alla messa in regola di chi lavora, riformare in senso più realistico e meno ipocrita il sistema degli accessi regolari, che attualmente è complicatissimo, quasi come da noi.
Oggi andiamo a visitare il confine. Vi racconterò.

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