Ho letto di Pd Open, lo slogan che accompagna l’assemblea nazionale di oggi e domani e il lavoro dei prossimi mesi. La scelta è infelice e il logo è pressoché incomprensibile (chi ha scelto il font?). Quanto al metodo di lavoro, ricorda troppo Oltre perché mi possa permettere di contestarlo: come mi ha fatto notare Gabriele, nella presentazione del progetto si legge, ad esempio, che «Pd Open sarà un impegno corale, segno profondo di coinvolgimento di tutto il partito senza alcuna logica nominalistica. Pd Open sarà il cambio di passo». «Entro l’anno», si legge ancora, «con la stesura delle dieci parole del programma del Pd, ci saranno 10 iniziative in altrettanti luoghi simbolici dell’unità dell’Italia. Bologna, Genova, Milano, Napoli e Torino saranno le tappe in 5 grandi città». Le analogie con il nostro lavoro sono molte ma è certamente un caso, anzi, la riprova che con la segreteria nazionale del partito c’è una grande sintonia (già). Convincono pochissimo, invece, gli slogan scelti per accompagnare i dieci punti e, per la verità, sembrano molto generici anche gli stessi dieci punti. Sul lavoro c’è più confusione di prima, sulla riforma fiscale non si capisce granché, a proposito di federalismo si dice che il Pd è per un’Europa federale e per un’Italia unita (cavoli), le posizioni sull’acqua e sul nucleare si sentono poco, per quanto riguarda la giustizia non mi pare proprio che l’emergenza riguardi l’obbligatorietà dell’azione penale da riformare. L’unica vera idea è pensionare i professori a 65 anni. Valesse anche per i politici, saremmo ancora più open.
P.S.: Marco è perfido, ma non ha tutti i torti.
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