Qui la bella intervista dell’Espresso a Gianluca Briguglia, Filippo Taddei e al vostro affezionatissimo (il fatto che sia ‘bella’ è ovviamente merito di Filippo e Gianluca).
La politica vive di episodi, di simboli immediati e di gossip, addirittura: si sono persi la profondità, il valore, il senso della ‘racconto’ politico. Il quadro è tale che gli elettori non possono che votare per le risposte immediate (a volte veri “luoghi comuni”), anche perché sono informati solo a proposito del dato più superficiale ed eclatante delle ‘cose’. La rappresentanza politica e sociale è pressoché scomparsa. È qualcosa, quindi, che attiene più al piano del pre-politico che alla vicenda elettorale in quanto tale (anche perché di regioni, nelle ultime Regionali, si è parlato ben poco). E poi, certo, c’è anche l’incapacità di far sapere ai cittadini che cosa avrebbe fatto il Pd al posto del governo in carica. Di costruire su questo il vero conflitto con Berlusconi e i suoi, all’insegna di una diversa simbologia, certo, e del coraggio, però, di mettere in fila i dati. Si vive nell’irresponsabilità, in Italia, oggi, e forse qualcuno dovrebbe dirlo.
Per me la priorità che le riassume tutte è una nuova unità del Paese. Non solo la sua celebrazione, in occasione del 150°. No, una nuova unità, una missione contemporanea e una vocazione aggiornata al 2010: pensiamo alla divisione – insanabile, per alcuni – tra Nord e Sud, che dovremmo articolare nuovamente, in tempi di dibattito sulla Grecia e sull’euro a due velocità che sembrano riguardarci solo fino ad un certo punto. Un mercato del lavoro diviso, una generazione penalizzata e persa in partenza (la nostra). Le disuguaglianze tra i redditi che aumentano, le differenze che alimentano tensioni e contrasti anziché nuovi modelli sociali. Pensiamo al privilegio della rendita e all’incapacità di premiare chi rischia, per sé, ma cercando di dare ricchezza anche al resto della società. La parola investimento è scomparsa dal dibattito pubblico di questo paese. Per me tocca alla nostra generazione fare qualcosa, ora, perché è il suo momento di leggere il paese e di cercare di rappresentarlo.
Sfiducia? È un sentimento popolare e comprensibile, purtroppo. La politica, soprattutto quella del centrosinistra, parla un linguaggio tutto suo. Anzi, a volte parla di se stessa e a se stessa. E, spesso, lo fa per difendersi dalle ragioni altrui e dalle sensibilità che non riesce a rappresentare. I politici si sono inventati la categoria dell’antipolitica, il rifiuto della quale diventa una sorta di alibi per non cambiare mai. E invece dovrebbe essere il Pd a proporre un patto rinnovato, fondato sul concetto di cittadinanza e quello di lealtà. Senza opporre il collettivo contro l’individuale, ma ripensando questo individualismo in un quadro più ampio, più maturo, più rispettoso, più leale. Fair è un aggettivo che è stato al centro anche della recente campagna elettorale britannica e questa lealtà dovrebbe essere la nostra bandiera, per il fisco, per le politiche economiche, per il mercato del lavoro, per l’accesso ai servizi fondamentali. Questo sono le riforme che le persone si aspettano.
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