Bel dibattito con Daniela Lastri e Simone Siliani e molti altri, oggi, a Terra futura, Firenze (Ignazio Marino era bloccato in Senato, Matteo Renzi impegnato da sindaco). Si discuteva di immigrazione, ma si è finiti presto a parlare di politica più in generale. Tutti, a proposito di alcune invenzioni geniali come le «ronde» e le «ordinanze» democratiche o altre posizioni politiche destrorse (che infatti offrono il destro alla destra, hanno ricordato che poi, oltre a commentarsi da sole, la gente le commenta così: «hai visto che anche il Pd dà ragione alla destra?». Cose che conosciamo molto bene, anche in Lombardia. Simone ha ricordato l’uso copioso di distinguo, di ma anche, di tautologie (prendersela con i cattivi, rispettare i buoni, ad esempio) e di banalità assortite che quasi sempre ci allontanano dalla comprensione della realtà. La frase che è venuta in mente a tutti, anche perché Fini (già noto come Gianfranco-Bossi-Fini) l’ha recentemente ripresa, è la seguente: «gli originali sono meglio delle fotocopie» e, quindi, «meglio evitare di copiare dagli altri, che non serve a nulla e si regalano anche voti». Giustissimo.
A me vien da dire, però, che il problema non è che distribuiamo fotocopie, ma che siamo proprio finiti dentro alla fotocopiatrice, in un sistema politico che è culturalmente impostato in modo molto orientato dal punto di vista ideologico. Si parte dagli episodi (leggete Antonio Pascale, Questo è il paese che non amo, Minimum Fax) prescindendo dalle più generali valutazioni di contesto. Si prescinde sempre dai dati, si semplifica il contenuto, mentre sarebbe ovviamente sufficiente (e necessario, nel caso del Pd) semplificare il messaggio, senza stravolgere la realtà delle cose. Mai un risultato, mai una verifica, mai un controllo. In questo quadro, qualcuno ha pensato che fosse più facile lasciarsi fotocopiare, diciamo così, senza opporre resistenza. Che qualcuno la spenga, almeno ogni tanto, questa macchina infernale. Che consuma un sacco di inchiostro e di energia, senza produrre alcun risultato, se non quello di ingolfare il Paese e il dibattito politico che dovrebbe rappresentarne la parte migliore. Tutto questo fa riferimento a un’arte antica, cara a Vico: la topica (che detto in Toscana potrebbe far pensare ad altro), la scelta, cioè, degli argomenti. Perché se si parte dal caso, costruito ad arte, dall’emotività e dalla risposta immediata (d’emergenza!) come unica soluzione, la destra (e questa destra in particolare) avrà già vinto. E se ci si limita a due o tre argomenti, presentati tra l’altro in un certo modo (pensate a tutto quello che ruota intorno alla paura), non avremo alcuna possibilità di rifarci avanti.
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