'appello di Emanuele Patti (Arci Milano), Antonio Iannetta (Uisp Milano), Carlo Dalla Chiesa (Associazione 11 metri) che condivido e raccolgo immediatamente. Perché non è (solo) questione di nomi, perché le primarie sono una grande occasione di apertura e di dibattito, perché c'è bisogno di tanti – anzi, di tutti – per lanciare una sfida degna di questo nome. Per adesioni, nel caso, scrivere a: [email protected].
Tra meno di un anno si vota per Palazzo Marino. Saranno elezioni decisive per la città e per l’Italia. Noi crediamo che Milano possa cambiare. A patto che, a partire dalle primarie, si costruisca un processo capace di coinvolgere tutti coloro che per rimettersi in gioco non si accontentano di aderire a questo o a quel candidato scelto dai partiti. Le primarie non dovrebbero servire solo a proclamare un vincitore e uno sconfitto che sanciscano la scontata prevalenza di uno schieramento politico sull’altro. La sensazione, invece, è che i partiti si stiano muovendo in questa direzione, con l’unica ambizione non di vincere ma di assicurarsi almeno qualche posto sui banchi dell’opposizione. Non basta, non può bastare. Nessuno è così ingenuo da pensare che si possa fare a meno dei partiti, ma è vero anche che gli artefici di troppe sconfitte non possono più pretendere di gestire la politica come fosse cosa loro, tanto più le primarie, un esperimento di democrazia dal basso che per essere tale dovrebbe essere il più aperto possibile proprio per restituire ai cittadini il gusto della partecipazione. Servono primarie vere, aperte a più soggetti. Non due ma tanti candidati, uno schieramento plurale che garantisca un vero confronto sui contenuti, non un’accozzaglia di perdenti più un candidato sindaco scelto dalle segreterie, a prescindere dalla volontà dei cittadini. Come fare per dare a tutti pari dignità? Con una proposta molto semplice, che potrebbe sembrare ingenua e invece ci sembra l’unica possibile per garantire il coinvolgimento di tutti i cittadini mortificati che non vedono l’ora di tornare a fare un’altra politica. Primo: Milano è una realtà complessa ma anche semplice, quindi è necessario che alcuni soggetti autonomi dai partiti si siedano attorno a un tavolo per elaborare quattro o cinque punti irrinunciabili, e vincolanti, una cornice di programma per cominciare ad immaginare una città diversa da quella che siamo costretti a vivere: ecologia, mobilità, politiche migratorie, scuola, sport, diritti dei più deboli… Una volta disegnata la cornice dentro la quale fare politica, ognuno dei candidati alle primarie – che ovviamente sarebbe chiamato a partecipare alle definizione dei punti imprescindibili – dovrebbe sottoscrivere una sorta di fedeltà agli impegni presi. Questo passaggio servirebbe a disegnare un percorso più o meno condiviso da tutti i partecipanti, a prescindere dal vincitore. Ma siccome potrebbe non bastare per scongiurare la dispersione del voto di chi ha lavorato per un candidato perdente, è necessario stabilire un altro vincolo. Per continuare a restare insieme. Secondo: comunque vadano a finire le primarie, tutti i candidati dovrebbero impegnarsi a far parte dello schieramento che nel 2011 cercherà di conquistare Palazzo Marino. Così facendo, i cittadini potranno davvero puntare sul loro candidato senza avere la sensazione di partecipare al solito gioco delle primarie truccate, e i partiti del centrosinistra potranno dimostrare con i fatti che hanno capito che la politica non può più essere un affare per pochi eletti. Chi ci sta a discuterne?

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