Scoppia il «caso Granata». Cavoli. Che B e i suoi facciano un processo è di per sé una notizia sensazionale. «Il processo ai finiani spacca il Pdl», leggo sui giornali. E penso che in effetti, paragonato a quello che sta succedendo tra le file della destra – tra correnti, fondazioni e Berlusconi – in questi mesi, il congresso del Pd era Disneyland, al confronto.
Quello che mi chiedo, però, in tutta sincerità e al di là dell'enfasi giornalistica, è molto semplice: ma prima, dico in tutti questi anni, Fini e la sua élite di legalitari irriducibili non si erano mai accorti di quello che pensano B e quasi tutti i principali esponenti della sua maggioranza di legalità, di mafia e di corruzione (mettiamoci anche un po' di evasione fiscale, già che ci siamo).
Dovevano farci un'alleanza lunga vent'anni, dopo la stagione dei cappi dell'Msi, e addirittura fondare un partito insieme per capire che c'era qualcosa di strano, in quel gruppo che si andava formando tra Previti e Dell'Utri? La domanda, certo, vale anche per la Lega, ma almeno i leghisti sono coerenti: continuano a far finta di niente e a ribadire la loro stima sconfinata per il premier. Viene da pensare che, dal punto di vista della legalità, ci sia una zona franca, quella del premier e dei suoi fedeli alleati, e una zona gianfranca, che rappresenterebbe la novità: legalitari sì, ma con qualche decennio di ritardo. Un po' troppo in ritardo e un po' troppo vistosi per essere credibili.

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