Con i toni celestiali che lo caratterizzano, Formigoni ammette candidamente di aver fatto pressioni sui giudici. Tutte «legittime». E non si rende nemmeno conto dell'enormità di quello che afferma.
«Ero vittima di un'ingiustizia, la situazione era molto grave e io non sapevo cosa fare. Per disperazione, mi sono rivolto a tutti. Ho bussato a molte porte. Ho dato mandato ai miei avvocati, ai legali della Regione, ho chiesto consigli a chiunque per cercare di salvare la mia corsa elettorale. Tra le persone che ho chiamato c'era anche Arcangelo Martino».
Si tratta della vicenda delle firme delle ultime Regionali. Il tempo in cui Formigoni divenne Firmigoni. L'uomo dal consenso larghissimo che non aveva firme sufficienti per presentarsi alle elezioni, perché fino alla sera prima della presentazione quelli del Pdl e della Lega erano stati a discutere della posizione dell'igienista dentale nel listino. Ve lo ricordate? Da lì la decisione di sentire gli amici (che si è scoperto essere i riferimenti della cosiddetta P3) che conoscessero un po' di giudici. «Legittimamente»: certo, come no? E da lì le telefonate con le «mozzarelle» e le «passeggiate», per fare «pressioni» sui giudici, attraverso gli «amici». Anche questo è Formigoni, del resto, e lo conosciamo da tanti anni. Il moralista Formigoni.
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