La C3 Marsala è tornata a casa. Risalendo il Paese, verso Nord, dopo seimila chilometri appassionati e appassionanti. Nei titoli di coda scorrono le persone e i luoghi: si sovrappongono e si scambiano, nel ricordo, insieme ai colori di un Paese che è meraviglioso. Non è retorica: l’Italia è bellissima, dappertutto, e nonostante tutto.
Si passa per Piombino e per il Lingotto, i due ‘luoghi’ del 2009, e si arriva alla Festa nazionale del Pd. La sera suonano Dalla e De Gregori, all'insegna del ricambio generazionale. Sulle pagine dei giornali un'altra coppia inossidabile continua a polemizzare. Sono i giovani Massimo e Walter, che ancora dividono la politica e le piazze democratiche. Il primo, oggi, accusa il secondo di aver rinsaldato la maggioranza con la sua lettera (a proposito, ne ha scritta una anche un altro giovane, Francesco, quello dell'Api: non ci facciamo mancare nulla). E pensare che ieri Bersani aveva detto che il contributo di Veltroni è prezioso, dopo un'intervista al limite dell'indecenza di Rosy Bindi. Ci pensa D'Alema a tirare le conclusioni.
Mi viene voglia di rispolverare la mozione Hegel, e di spiegare che, ancora più di Francesco e Lucio, i due momenti della dialettica democratica si tengono insieme, e uno non esisterebbe senza l'altro. D'Alema e Veltroni. Un po' come accade con B. Dire che si fa un'alleanza contro di lui significa «tener fermo» o, come direbbe Cacciari quando fa il filosofo, «conservare con diligente cura» anche il momento del negativo. E la sua «immane potenza». Cioè B stesso. Senza via di scampo.
Matteo Renzi, nel frattempo, va giù durissimo, dicendo, con un'efficacia spaventosa, le cose che pensano in tanti e che fanno saltare la dialettica di cui ho detto. Quello che ancora manca è capire che cosa fare, ma liberarsi dei cascami e delle etichette del passato (proprio quelle, dalla Gad all'Ulivo, che Bersani ha inteso recuperare, con operazione dal forte sapore archeologico) è comunque salvifico. Necessario, forse, per tornare a vincere.
Corsi e ricorsi, insomma: nelle ultime ore è tornato anche Ferrero. Ha spiegato che lui la fa l'alleanza con Bersani, ma non intende partecipare al governo, nel caso. Mi chiedo se non possiamo evitare di fare l'alleanza con uno così. Per favore. A questo punto non ci rimane che attendere con ansia la lettera del giovane Fausto e del dibattito sulle 35 ore, con l'immancabile citazione di Engels per fare atmosfera.
Bocchino, che è diventato leader suo (e nostro) malgrado, è arrivato alla millesima intervista e non sa più cosa dire: Fini, d'altra parte, non sa più cosa fare, per il semplice fatto che non lo ha mai saputo. Sono ancora al governo e condividono al 95% quello che B fa. E tutti a parlare del 5%, come se la politica potesse limitarsi a questo.
Sulle prime pagine dei giornali, mentre il Pd si ritirava per deliberare se era meglio un governo Tremonti o il voto inevitabile da subire come una condanna, Bossi è stato protagonista assoluto, come ogni anno, senza che nessuno avesse nulla da dire. Il federalismo non si può fare? Via con la secessione. Come sempre, in questo paese che non cambia mai. Banana Republic. Già.
Si è approfondito – a proposito di cose da unire – il curioso dibattito tra chi è a favore del politichese (che a qualcuno, addirittura, piace e lo rivendica con orgoglio) e chi ama la narrazione. In realtà, politica e racconto devono andare insieme. E questo dibattito – turbogiornalistico – dovrebbe essere composto e, forse, sanato, una volta per tutte. Chi l'ha detto che non si possano tenere insieme le due cose? Dire cose belle e concrete insieme? Volare alto e sapere dove atterrare?
Ci sono anche le buone notizie, fortunatamente: Concita De Gregorio ha lanciato una grande campagna, bella e intelligente. Vuole le primarie per scegliere i parlamentari, perché il Porcellum ha devastato la politica italiana rendendola irriconoscibile. E non possiamo subirlo ancora (lo si diceva anche nel 2008, infatti). Scetticismo in alcuni settori della mozione Bersani, forse perché la proposta, oltre a rispondere a indicazioni politiche contenute nel nostro Statuto, era già contenuta nella mozione Bersani. Così, per non dimenticare.
Da ultimo (in senso stretto), il Pd dice che bisogna portare in Parlamento la nostra proposta di legge elettorale. D'Alema è d'accordo: il dibattito si può ritenere concluso. Fa piacere. Anche perché lo si era detto, venti giorni fa, mentre spopolavano le "larghe intese". La legge elettorale si può fare prima del governo tecnico (anche per verificare l'esistenza in Parlamento di un'altra maggioranza). Semplice, no?
Anche quando non sono d'accordo (e lo dico e lo scrivo, perché il Pd non è l'Unione Sovietica, forse), cerco di non perdere mai di vista il senso della nostra sfida. E allora, anche per dare un po' di contenuto e di strumenti alla proposta del porta-a-porta lanciata dal segretario, ci vediamo il 5 settembre, a partire dalle ore 10, a Torino, con gli americani, che il porta-a-porta lo sanno fare, per parlare di argomenti, parole e strumenti. Come si faceva – ancora prima dell'Ulivo – nell'antichità classica. L'iniziativa è promossa dal Forum immaginario che mi è stato assegnato. E siccome il Forum è immaginario, ci occuperemo proprio di immaginario, con Massimiliano Panarari e altri, perché ne abbiamo bisogno. Cultura e politica, argomenti e parole, tutto insieme. «L'Italia si riunisce a Torino»: facciamolo anche noi.

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