Direzione nazionale del Pd. Intervengo con toni gentili, ma non ipocriti, così ho detto, iniziando.
Avevamo chiesto che la direzione si facesse prima, quando tutta questa storia – quella della crisi di governo, vera o presunta che sia o che fosse – era iniziata. Si fa, invece, alla fine di un’estate molto pasticciata.
E a proposito di lealtà, perché il richiamo alla lealtà è giusto, ci si chiede se è possibile leggere i giornali e trovarvi, da esponenti di primo piano del Pd, con incarichi di grande rilievo istituzionale, vere e proprie linee di direzione politica. Non piccole polemiche, su questo o su quello. No, prese di posizione sulle alleanze, sulle scelte di fondo, sull’indirizzo da dare alla politica del partito. Tra l’altro diverse le une dalle altre e tra un’intervista e l’altra.
A proposito del documento dei 75, di cui si è parlato per ore, ho fatto notare che non sono dei 75 ma del ’75, e che sono vent’anni che facciamo discussioni simili: quella di oggi era solo l’ultimo (che poi non lo è mai) capitolo di una lunga storia.
A Enrico Rossi, che diceva che non ha mai letto da nessuna parte che Enea avesse rottamato Anchise, ho risposto che è vero, ma la metafora è scivolosa. Perché Anchise in ogni caso stava sulle spalle di Enea, e non il contrario, com’è corretto che sia. E nel nostro Paese dovremmo piuttosto preoccuparci del fatto che sia Enea a stare sulle spalle di Anchise, perché è la generazione precedente che sostiene quella attuale, dal punto di vista economico e del welfare (e la condiziona, così, inevitabilmente, anche sotto il profilo politico).
Ho detto che parlare di rottamazione in quella sede era quasi paradossale, e non certo popolare (ha rumoreggiato la sala e ironizzato Bersani), ma l’ho fatto, spiegando che quello che ci preoccupa è che manchi un pezzo, che è quello capace di rappresentare la nuova generazione. Con uno stile, un linguaggio, modalità e una scelta degli argomenti che ci parli dell’oggi e del domani (l’antica topica, parola che oggi fa ridere, ma che era centrale nella retorica antica).
E che nel Paese dell’adolescenza senile – B è l’Italia di oggi – forse dobbiamo trovare espressioni di maturità. Che ci parlino di questione anagrafica, ma nel senso dell’età dell’Italia e del mondo (quest'ultimo è letteralmente sparito dal nostro dibattito). E che guardino al futuro e non al passato prossimo.
È per quello che, oltre alla crisi planetaria del sistema economico ben descritta da Reichlin, dobbiamo guardare all’ulteriore crisi (tutta italiana) del sistema politico del nostro Paese, esprimendo un giudizio compiuto su questo ventennio, offrendo qualcosa di rivoluzionario ai nostri elettori. Che guardi avanti, magari trovando formule e soluzioni più entusiasmanti del “nuovo Ulivo”, con tutto il rispetto.
Non ha molto senso contarsi qui, per contare sempre meno nel Paese.
Del resto, mentre si parlava di rom, la scorsa settimana, sui giornali, il Pd non compariva, per apparire nelle pagine immediatamente successive, per parlare di Pd. Ecco la rappresentazione della situazione che stiamo attraversando.
Un altro piccolo consiglio: non dobbiamo presentarci solo contro B. L’anno scorso, nella stessa sede, difesi il No-B Day e il fatto che il Pd dovesse parteciparvi o, comunque, ragionare su quella manifestazione senza i preconcetti che avevo sentito declamare. E mi si disse che l’anti-berlusconismo non bastava. Ora mi trovo di fronte a una coalizione intera costruita contro B, e forse questo dovrebbe insospettirci. Anche perché noi dobbiamo raccontare quello che succederà dopo B. Oltre B.
Un approccio rivoluzionario, in cui il Pd finalmente mantenga le premesse. Che non è un gioco di parole. Se nella mozione congressuale è stato scritto che avremmo fatto le primarie per scegliere i parlamentari, non si capisce perché poi non si dovrebbero fare, con il maledetto Porcellum, soprattutto.
Se nello statuto si fa segno a un’idea di ricambio, non discutiamone, prendiamolo sul serio e facciamolo. E sul tesseramento, e sul porta-a-porta, e sul partito strutturato e sui tanti (troppi) commissariamenti, abbiamo qualcosa da dire? Perché anche queste erano premesse di questa stagione politica, che tutto funzionasse un po’ meglio.
E invece segnalo che lo «sgomento» dei nostri elettori di cui si è molto parlato in queste ore, c’era già in precedenza, ben prima del famoso documento dei 75. E che questo disorientamento è determinato da una difficoltà nella conduzione politica del partito.
E allora vediamo alle buone notizie, almeno a una: quello che è successo a Adro, dove sono miracolosamente apparsi i due cerchi concentrici di Bersani, una manifestazione convocata dal Pd, a cui hanno aderito il Popolo Viola, alcuni grillini (ecco, se è possibile, del voto a Grillo e dell'astensione occupiamoci prima di perdere le elezioni, dopo aver fatto l'alleanza più estesa possibile e esserci scoperti proprio su quel fronte), l’Idv, Sel e a un certo punto è apparsa anche una bandiera dell’Udc. A fare una cosa semplice, per difendere la Costituzione, il tricolore e la scuola pubblica. Tutti insieme. Perché quando c’è un motivo, e una prospettiva in cui muoversi, è più facile costruirci intorno quell’alleanza. E quando il Pd si muove, riesce a coinvolgere Enea, Anchise e tutta la banda.
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