L'Unità intervista Renzi, Geremicca spiega perfettamente qual è il problema. E il significato del termine.
I modi sono quelli che sono: senz’altro ruvidi, bruschi, ai limiti della scortesia. Ed anche i toni non possono esser certo definiti rituali: spicci, diretti, sovente a un passo dall’offesa personale. E i modi e i toni – per l’appunto – sono i chiodi ai quali rischiano di «finir impiccati» Matteo Renzi, Pippo Civati e il cosiddetto gruppo dei «rottamatori», ormai in apertissima polemica con lo stato maggiore del Pd. Ma se «la rivoluzione non è un pranzo di gala» (citazione ben nota, si immagina, ad almeno mezzo gruppo dirigente pd…) nemmeno il rinnovamento lo è: motivo per il quale le obiezioni che si avanzano circa i modi e i toni dei «rottamatori», appaiono – più che altro – divagazioni non ricevibili.
E poi a proposito di Bersani:
Viene da chiedersi se, al punto cui si è giunti, il tema del rinnovamento (un rinnovamento non necessariamente legato all’età) non sia – per il Pd – addirittura una opportunità. E invece, sarà per i toni, sarà per i modi, ma Pier Luigi Bersani non ha preso affatto bene la scesa in campo dei «rottamatori». Anzi, l’ha presa così male da convocare a Roma, proprio nei giorni del «raduno» fiorentino i dirigenti di tutti i circoli Pd d’Italia. La mossa è stata intesa come il tentativo di depotenziare l’iniziativa di Renzi e Civati: può esser che sia così, ma non è detto. E comunque non è questo l’importante. Quel che sorprende, trattandosi di Bersani – uno che «uomo nuovo», in fondo, a modo suo lo è – è che al segretario del Pd non sia venuta voglia di fare un salto a Firenze per ascoltare le ragioni ed i propositi di un pezzo di «popolo Pd» ormai a un passo dalla libera uscita. A parte l’impatto politico e mediatico della scelta, ne avrebbe forse tratto stimoli e intuizioni probabilmente non inutili in una fase di perdurante difficoltà. Sarebbe bastato (basterebbe) una sola mattinata; anche solo mezzo pomeriggio. Il segnale sarebbe stato (sarebbe) assai importante e forte: la prova, tra l’altro, che il «vecchio» non solo non è indifferente ma non ha paura del «nuovo». Al «raduno» fiorentino manca ancora una settimana: c’è tempo per riflettere, ragionare e magari – perché no? – perfino cambiare idea…
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