Un articolo di Piero Ignazi sulla Leopolda.
In questa situazione le chance di ripresa del partito sono scarse, come segnala anche la vittoria di Giuliano Pisapia. Eppure il Pd dispone di una classe politica, composta da migliaia tra amministratori locali e responsabili di partito in periferia, di esperienza e capacità quanto nessun altro partito. Mentre il PdL ha solo negli ex di An e in qualche riciclato della prima repubblica personale navigato, e la Lega affastella giovanotti ambiziosi e affamati di prebende le cui carenze emergono ogni giorno di più, il partito di Bersani gode di un serbatoio amplissimo di dirigenti sperimentati.
Questo vantaggio competitivo rispetto agli altri partiti non riesce però ad esprimere tutte le proprie potenzialità perché frenato da un gruppo dirigente, oltre che diviso, ripiegato su sé stesso. La sua autoreferenzialità si manifesta tutta nell'essere preda di conflitti che ormai oscillano tra il ridicolo e il patologico (stai con Veltroni o con D'Alema?), o che rimandano a questioni irrisolte – partito a vocazione maggioritaria o ulivista? partito di sinistra o di centrosinistra? partito socialdemocratico o democratico (e solo il cielo sa cosa significa "democratico" nella politica europea contemporanea).
Senza smontare questi cortocircuiti perversi, il flusso di innovazione, sia in termini di idee che di personale politico, rimane bloccato. Anche se Bersani ha avuto la buona intuizione di nominare in segreteria tutti quarantenni, nessuno di questi, salvo rarissime eccezioni, ha assunto una sua fisionomia riconoscibile.
Il meeting di Firenze dei "rottamatori", organizzato da Matteo Renzi e Pippo Civati, riflette e risponde a questo blocco interno. Potrà anche aver avuto qualche sbavatura narcisistica, ma la partecipazione "di massa" e il clima effervescente che si respirava alla stazione Leopolda hanno come paragoni solo l'assemblea fondativa del Pd.
Quello che è mancato a Firenze è un progetto politico che desse sostanza alla domanda di ricambio generazionale.
Quando la socialdemocrazia tedesca con il mitico congresso di Bad Godesberg e lo stesso PCI occhettiano di fine anni ottanta diedero vita a straordinarie trasformazioni politiche, lo fecero anche sulla spinta di profondi rinnovamenti generazionali. Il Pd sconta tuttora due peccati originari: essere nato senza chiarirsi fino in fondo sui "fondamentali", ed aver buttato alle ortiche, considerandolo un fallimento, il grande risultato del 2008, quando raggiunse la percentuale più alta mai toccata dalla sinistra in questo paese.
Per superare questi due handicap non basta l'onesta e generosa dedizione di una persona per bene come Bersani: è necessaria una nuova, ulteriore rivoluzione interna che lasci spazio ai "mille" dirigenti locali in attesa e ai giovani scalpitanti "leopoldini".
Il Pd, per sua fortuna, dispone di risorse umane in abbondanza. Il futuro del partito è legato alla loro capacità di "prendere il potere".
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