Di segnalare il libro di Salvatore Settis, Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile, Einaudi 2010? Fino ad un anno fa, del consumo di suolo non parlava (quasi) nessuno. Ora è diventato (finalmente) un tema politico di primaria importanza. Anche perché non riguarda solo l'ambiente, ma anche l'economia di questo Paese. E anche la sua finanza. E anche la sua missione. Settis lo illustra, in pagine dense di storia, di richiami alla Costituzione, di scelte politiche e urbanistiche che riguardano il paesaggio. E riguardano tutti noi.
I filari dei cipressi che collegano i poderi alla casa padronale o alla villa (in Toscana e non solo), il campanile della chiesa che assume (non solo a Modena) un denso significato civico e perciò deve vedersi da lontano, l'immagine della città nobile e serena che (come un tempo a Messina, come ancora a Venezia) deve imporsi allo sguardo di chi arriva dal mare: sono pochi esempi, scelti a caso, di un 'codice dello spazio' comune all'Italia e all'Europa, che ha resistito intatto fino al primo Novecento. Fu, quello, un codice condiviso dal contadino e dal principe, dall'impresario e dal notaio, dal cardinale e dal prete di campagna: perciò, fino a tutto l'Ottocento, (quasi) nessuno che costruisse qualcosa sbagliava (quasi) mai, e una stessa idea di dignità e appropriatezza si incarnava nella casa e nel palazzo, nella cattedrale e nella cappella sperduta nel bosco. L'alluvione di orridi condominî, perverse villette a schiera, scellerati capannoni, pessimi palazzi (e ville e chiese e municipi) che è il grande, tristo leitmotiv della produzione architettonica del Novecento in Italia comporta la perdita, forse irreversibile di quel codice e dei valori associati (a cominciare da dignità, armonia e memoria).
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