Il vostro affezionatissimo, oggi, su Europa.

L’ultima direzione nazionale del Pd si è tenuta il 23 settembre 2010. Nel frattempo più o meno tutti hanno dichiarato più o meno tutto e più o meno il contrario di tutto. Governi tecnici, Tremonti premier, alleanza strategica con Fini. Bersani candidato, Bersani non più candidato, papa straniero. Lo hanno fatto con una certa leggerezza e non si sa bene se su mandato del segretario nazionale del Pd o se per iniziativa propria (la seconda che ho detto è molto probabile).

I sondaggi, nel frattempo, rilevavano un calo del governo e un simmetrico calo del Pd, all’interno delle forze di opposizione, con un forte recupero di Vendola, che ci impensierisce ormai a prescindere.

Qualcuno faceva sommessamente notare che non fosse il caso di confondere ancora di più un quadro politico compromesso come quello dell’Italia degli ultimi mesi. Qualcuno diceva che al di là del dibattito su «vocazione maggioritaria vs. politica delle alleanze», c’era bisogno di più Pd, di più protagonismo sulle questioni di fondo. Preparandosi per tempo, ad esempio, su vicende come quella di Mirafiori, dopo avere ‘bucato’ Pomigliano. Perché Berlusconi appare sempre più interessato agli affari suoi, e noi, purtroppo, alle nostre annose questioni interne. Questione di intimo, in entrambi i casi. E gli elettori faticano a capire.

Qualcuno diceva che c’era da chiarire, ad esempio, se la fantomatica riforma della legge elettorale condivisa potesse essere presentata in Parlamento e agli italiani. E se non era il caso di stare un po’ cauti rispetto ai numeri del governo tecnico (che non ci sono mai stati, e non è colpa di Scilipoti). E se si poteva evitare di proporre soluzioni improbabili, tutte diverse tra loro, ogni giorno.

Perché l’interlocuzione con i dissidenti del centrodestra era necessaria, ma non ci si poteva perdere l’anima. E gli elettori.

In più, alla luce del Nuovo Ulivo ‘lanciato’ ad agosto, ci si aspettava che si mettesse mano alla costruzione della coalizione di centrosinistra. E che si trovasse la sede per farlo, e che ci si incontrasse pubblicamente, perché davvero non si capisce perché gli unici testimoni dei vertici dei leader del Nuovo Ulivo debbano essere i camerieri delle trattorie romane. Nel frattempo, per meglio costruirlo, il Nuovo Ulivo, giù bordate a Vendola, e via sparate da Vendola, e Di Pietro che non va bene. E la minaccia di non fare più le primarie come deterrente.

Ecco, poi, che prima della direzione nazionale prevista per l’antivigilia di Natale, Bersani rilascia un’intervista dalla quale quasi tutti deducono che si intenda superare le primarie in vista di una coalizione tra Pd e Terzo polo (nella speranza di convincere tutte le forze di centrosinistra ad aderirvi). Una sorta di No-B Coalition, una super-unione per scongiurare il rischio che Berlusconi torni a vincere le elezioni. A quel punto, tutti siamo stati sommersi da messaggi di delusione e di sconforto da parte di migliaia di elettori. Maliziosi e interessati? Non vedo perché dovrebbero esserlo.

È semplicemente per questo motivo che, con Prossima Italia, dopo avere raccolto gli interventi degli elettori in vista della direzione nazionale del Pd, abbiamo pensato di promuovere un’iniziativa la sera prima della direzione nazionale, riconvocata il 13 gennaio.

L’iniziativa si terrà al Caffè letterario di via Ostiense, a Roma, il 12 gennaio, alle 18.30.

Ci spiegano alcuni che non si fa, che le componenti si ritrovano sì prima della direzione nazionale, ma in segreto o, quantomeno, nel privé. Nella cripta del Palazzo, in pratica.

La verità è che noi promuoviamo «La ‘giusta’ direzione» (le virgolette stanno a significare che ci chiediamo quale sia, quella giusta, e cosa debba fare il Pd nei prossimi mesi) proprio per cercare di rappresentare le preoccupazioni degli elettori del Pd e proprio per portarle in direzione, il giorno dopo. Pubblicamente. Perché non ci piace il Palazzo, e tantomeno la cripta. E non crediamo sia un problema di componenti a cui aderire.

Abbiamo detto che per noi vengono «prima gli elettori». Significa che per tornare a ‘sedurre’ il nostro elettorato, come dice qualcuno, dobbiamo evitare per quanto possibile di stressarlo con soluzioni improbabili, offrendogli piuttosto un progetto per il Paese, condiviso con gli alleati e discusso con gli elettori. Che dovrebbero essere protagonisti, per quanto possibile, anche della definizione della nostra politica. Il Pd, personalmente, l’avevo capito così.

Per ritrovare, prima che sia troppo tardi, la vocazione del Pd, che insieme ci possa dire qualcosa del suo profilo, della sua dimensione e di quello che vuole fare per l’Italia. Non più da solo, per i motivi che abbiamo discusso per tutto il 2009, ma se possibile «bene e responsabilmente accompagnato», per accompagnare, a sua volta, gli italiani fuori dal ventennio berlusconiano.

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