Il vostro affezionatissimo a Mezzogiorno di fuoco.
Che ci faccio qui? Perché dalla Brianza, dal contado di Arcore, dal centro del centro del Nord della Lega, sono venuto a Bari? Dalle mie parti, i ministri spuntano come una volta spuntavano i nani nei giardini delle villette. Da vent'anni governano il Paese. Da vent'anni hanno imposto un modo di pensare la politica che assomiglia da vicino alla sua negazione e al suo rovesciamento.
E, allora, con totale sprezzo del ridicolo, eccomi qui, all'insegna di un'esigenza politica profonda, per superare il provincialismo e il cretinismo dei territori che ci sta facendo perdere di vista il senso del dibattito politico nazionale e internazionale. Il mare Mediterraneo, per noi, è sempre più lontano: siamo abituati all'acqua dolce (frequentata non a caso dal Trota e dai suoi pari) e però attraversata dalle correnti del risentimento e del rancore.
Il Paese perde terreno, è irrigidito in una immagine fissa, in cui l'eterna giovinezza del Dorian Gray che ci governa fa da contraltare all'irreversibile invecchiamento del Paese.
Dobbiamo allora superare i luoghi comuni, perché siamo passati da Bixio a Bisio, ci siamo consegnati all'incommensurabilità, all'impossibilità di confronto tra Nord e Sud, ci siamo ridotti ormai a una versione caricaturale, che gli uni offrono agli altri.
Ci vuole una nuova narrazione, certamente, ma accompagnata da numeri e analisi puntuali, che sappiano indagare le linee di frattura, le divisioni, le contraddizioni, anche i paradossi di questo Paese, in cui sono i confindustriali a richiamarci all'emergenza della precarietà.
Fuori dal Palazzo, fuori da questa politica del gossip di cui sembra impossibile liberarci.
La retorica risorgimentale ci interessa poco, abbiamo bisogno di concretezza e di un messaggio politico forte e chiaro. Ritorniamo a Teano, all'incontro tra Nord e Sud, al confronto tra di noi, diamo voce alle realtà sociali ed economiche che collaborano, diamo visibilità ad una 'borsa' delle buone pratiche e delle qualità diffuse per il Paese.
Rispondiamo alla domanda di politica che attraversa il Paese, non lasciamo il civismo ad altri, come se tutte queste energie non ci interessassero. Come se il civismo fosse semplicemente una sorta di 'aggiunta' alla politica di partito.
E confrontiamoci anche con i ritardi e con gli sprechi a cui abbiamo contribuito anche noi, senza fare sconti, perché la responsabilità deve riguardare innanzitutto noi stessi. Perché bisogna fare le cose bene e, a volte, bisogna farle anche meglio.
Una visione d'insieme, che unisca il Paese, per un'Italia che sappia guardare a Sud, verso il mondo che preme ai nostri confini, per tornare a guardare anche a Nord. Perché, al di là delle Alpi (oltre!) c'è ancora l'Europa, anche se sono vent'anni che facciamo finta che non ci sia più.
Dal Sud, verso l'alto, insomma. Insieme.
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